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Joc de sentiments: Iniesta lascia il Barcellona

Andres Iniesta ha annunciato oggi il suo addio al Barcellona a fine stagione. Un gioco di sentimenti e una scelta d’amore

Questo è un gioco di sentimenti. È una lacrima ogni volta, nella gioia o nel dolore. Dev’essere la nostra concezione del mondo o della vita, che poi non è altro che metafora del calcio. Lì dove finisce il gioco e inizia il sentimento, proprio lì danza don Andres.

Lo fa anche oggi, in lacrime. Si tiene l’affetto di tutto il mondo, conscio di aver dato più della sua stessa anima. Capace di capire che a trentaquattro anni è fatica rimanere il capitano del Barcellona, è difficile restare sugli standard. Però è tutto un gioco. Un gioco che porta a piangere e a far soffrire le persone dopo ventidue anni.

È un dolore grande tutto insieme, che forse Iniesta non pensava di provare quando indossò per la prima volta quella maglia nel 1996, quando aveva 12 anni. A 16 l’esordio con il Barcellona B, a 18 con la prima squadra.

Dove danza don Andres quando il ricordo sbiadisce? Doloroso quanto e più di Xavi, Iniesta ha annunciato oggi che a fine stagione lascerà i blaugrana, con cui ha vinto 8 Campionati spagnoli, 7 Supercoppe di Spagna, 6 Coppe del Re, 4 Champions League, 3 Supercoppe europee e 3 Coppe del Mondo per club.

Ma di che gioco stiamo parlando? Pochi mesi fa, nel pieno della guerra mediatica del compagno Gerard Pique per l’indipendenza catalana, credo che Iniesta sia stata una delle poche persone non catalane presa pubblicamente sul serio. La questione è seria e difficile da entrambe le parti, ma in fondo poco importa. Lui si sente capitano del Barcellona anche se viene da Albacete, si sente spagnolo e si sente blaugrana allo stesso modo. La gente lo ama anche se è entrambi in un solo uomo.

Questo accadde quando Iniesta firmò, il 6 ottobre 2017, un contratto a vita con il Barça. Finisce già ora quella favola, perché è lui stesso a riconoscere di non poter più essere un calciatore della squadra che ha amato più di tutte, con maglia che ha amato più di tutte, per l’amore più bello di tutti. Iniesta andrà a giocare altrove, ma non contro il suo Barcellona. Come fece Del Piero con la Juventus, come fece Elkjaer con il Verona.

È sentimento ed è una scelta di cuore. Lo è stato anche prendere quella fascia che fu di Xavi, prendere per mano la sua squadra e cercare di condurla verso nuovi orizzonti. Ma è fatica a 34 anni. Si potrebbe tornare giovani, a quel numero 24 che lo accompagnò nelle prime partite e presto diventò l’8 dell’ordine fatto a persona. Si potrebbe tornare giovani, a quel gol in semifinale di Champions League contro il Chelsea, oppure all’altro meno bello ma più importante in finale di Coppa del Mondo. La Spagna è campione, tutta e anche la Catalogna nel segno di Andres e della sua rete.

Si potrebbe tornare a quel Pallone d’Oro che gli spettava di diritto nel 2010, ma come sempre l’uomo si ferma ai duelli epici scrutando per bene chi sia più curato o più tecnico fra Messi o Ronaldo, buttandoci dentro Neymar o Bale o chissà chi altri. Mai un elogio del silenzio e dell’ordine, mai un elogio del campione vero. Eccoli lì, si chiamava Andres Iniesta ed era il capitano del Barcellona.

Un Joc de sentiments si dice in catalano, perché in Spagna quando c’è lui tutti parlano la stessa lingua. Ora aspettiamo il gran finale. Poi sarà tempo di giocare ancora e ancora, finché non comparirà lo stesso suo sguardo negli occhi di un bambino.

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