Il doppio ex di Verona-Roma, raggiunto dai colleghi de L’Arena, ha parlato anche del match in programma domani sera al Bentegodi
Di Francesco? A questo punto era meglio cambiare direttamente in ritiro! Questo il pensiero di Dario Bonetti, il quale raggiunto da L’Arena ha detto la propria sul cambio di panchina scaligero prima di passare a Verona-Roma, gara di cui è peraltro doppio ex.
Di seguito, dunque, le sue principali dichiarazioni.
L’ESONERO. «Resto sorpreso dell’esonero di Eusebio Di Francesco, a questo punto era meglio cambiare già in ritiro. Non so quali siano le dinamiche dell’avvicendamento, ma la situazione pare abbastanza chiara: Tutti parlano di progetti, ma prima ci vogliono un club solido e idee chiare. Mi pare che il grande lavoro fatto da Juric sia già andato perduto, e questo è un vero peccato. Di Francesco è un allenatore completo che ha mostrato di avere idee e ha ottenuto risultati, ma forse è un po’ troppo “teorico” per il calcio odierno. La Serie A non perdona e in Italia non ti concedono troppo tempo, quindi devi avere una squadra al top, soprattutto dal punto di vista fisico. Contro il Sassuolo la squadra è calata molto, inoltre fin qui non ha difeso come l’anno scorso: troppo larghe le maglie dietro.».
IL SOSTITUTO. «A Tudor piace un calcio aggressivo e uomo contro uomo. Non so se sia l’uomo giusto giusto, ma me lo auguro. Lui ha l’enorme vantaggio di poter avere praticamente un intero campionato a disposizione per raddrizzare la baracca».
LA PARTITA. «Magari il Verona ferma la Roma, nel calcio ci sta. All’Hellas basterebbe un punto per scrollarsi di dosso tutta la negatività della falsa partenza. Mourinho però è un grande, sta incidendo a Roma come Juric ha fatto a Verona».
UN TUFFO NEL PASSATO. «Una volta con la Roma perdemmo una partita per 3 a 2 al Bentegodi. Su un campo infame, botte, colpi di classe e azioni splendide. Oggi non si punta più l’uomo, sempre “tic e toc” per vie orizzontali. Elkajer e Conti ti facevano male. Bagnoli e Liedholm? A Osvaldo mando un grande abbraccio. In uno dei miei primi allenamenti a Verona mi impressionò: pioveva a dirotto, ma quando arrivai al campo lo vidi mettere i paletti. L’umiltà e l’esempio fatto a persona. Il Barone era ironico e furbo, sapeva sdrammatizzare tutto».