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ESC. CH – Dalla Bona: “Contro il Napoli servono la partita perfetta e la spinta dei butei”

Il centrocampista è un doppio ex della sfida di domani pomeriggio al Bentegodi

Samuele Dalla Bona, conosciuto come “Sam” anche per i suoi trascorsi nel calcio inglese, è un ex centrocampista di cui molti tifosi gialloblù si ricorderanno per il suo gol a Rimini nella prima gara dei play off di Serie C 2009/2010. Quella marcatura diede l’illusione al Verona di una promozione vicina e dai microfoni di Radio Verona la voce roca di Roberto Puliero urlava “Provaci ancora, Sam!” citando il capolavoro di Woody Allen. Il sogno svanì bruscamente: nella finale dello spareggio il Verona cadde lasciando la promozione al Pescara.

Cresciuto nel Chelsea, dove ancora è ricordato con ammirazione e affetto, Dalla Bona ha anche vestito la maglia del Napoli, ed è quindi un doppio ex del match in programma sabato. Raggiunto da CalcioHellas, l’ex centrocampista ci ha dunque parlato della sfida del Bentegodi.

Di seguito, dunque, la nostra intervista esclusiva.

Sam, che piacere ritrovarti! Cosa ne pensi di questo Verona?
«Seguo l’Hellas e seguo tutte le squadre nelle quali ho giocato. Mi piace Baroni, è un allenatore che apprezzo da anni e anche all’Hellas ha iniziato bene. Verona è una piazza difficile per tutti gli allenatori: ogni anno vengono puntualmente ceduti i migliori e così è dura. Peccato, perché anche solo guardando la rosa degli ultimi anni si poteva puntare molto in alto».

Tra i gialloblù di oggi chi ti piace di più?
«Credo che attualmente il migliore sia Montipò, è capace di dare sicurezza alla squadra e solidità alla difesa. Credo che ci sia anche del merito suo se il Verona subisce poco».

Tu conosci bene anche il Napoli: come leggi questo periodo dei partenopei?
«Partiamo dal presupposto che quando vinci il pubblico si aspetta una vittoria anche l’anno successivo. Napoli è una piazza particolare: quando vinci vieni portato in trionfo più che in ogni altro luogo, ma appena le cose si mettono diversamente, al primo inciampo, tutto ti si rivolta contro. Certe situazioni in spogliatoio andrebbero gestite meglio, ho visto degli atteggiamenti che non sono accettabili soprattutto quando sono pubblici. Tanti in questi giorni incolpano Garcia, ma la mia esperienza mi fa dire che non è solo colpa sua».

Parliamo di calcio giocato. In quale giocatore del Verona ti rivedresti?
«Nel Verona di oggi fatico a trovare qualcuno con le mie caratteristiche, anche perché negli ultimi anni il calcio è molto cambiato. Mi sentirei di dirti che mi rivedo un po’ in Barak, un centrocampista che vede la porta e che non ha paura di tirare, giocando a tutto campo. Così giocavo anche al Chelsea».

Hai detto che il calcio è cambiato, come?
«Il livello della Serie A si è abbassato. Quando io giocavo in Premier il campionato italiano era il più bello del mondo, ora le cose si sono invertite. Se analizziamo qualunque squadra di oggi, comparata alla stessa società dieci anni fa, la differenza salta subito all’occhio. Pensa a Milan, Juventus, Inter, Roma… ma anche lo stesso Verona con Toni, Iturbe e Jorginho. Anche i singoli giocatori avevano un’altra intensità, per esempio Hallfredsson quell’anno fece vedere una qualità che ora è difficile da trovare».

Qual è stata la più grande differenza che hai trovato nel passaggio tra Premier e Serie A?
«In Inghilterra c’era un bel clima e c’erano grandi nomi che trascinavano intere squadre. In Italia c’erano grandi squadre. Quando arrivai al Milan fui felicissimo di essere tornato nel mio Paese, ma la concorrenza nel mio ruolo era pesante: in una sola squadra c’erano centrocampisti come Pirlo, Gattuso, Seedorf, Ambrosini… Chiaramente scesi in campo molto poco. Anche il modo di giocare era molto diverso».

Poi arrivò il Verona…
«All’improvviso. Ero in Grecia alle prese con un infortunio ai tendini e ricevetti la telefonata del Verona. Un’occasione imperdibile. Non eravamo una squadra da Serie C, la proposta che mi venne fatta fu questa: contratto fino a fine stagione e al momento della promozione un triennale per consolidare la rosa. L’obiettivo era palese a tutti, lo mancammo di un soffio. Io recuperai tardi, nel finale di stagione perdemmo un po’ di punti. Chiesi di restare un altro anno riducendomi al minimo l’ingaggio, Siciliano non volle sentire ragioni e tornai a Napoli. A Verona sono stato benissimo, avevo casa a Peschiera del Garda. Conservo anche molte amicizie in città».

Paragonano spesso il tifo gialloblù a quello inglese, è vero?
«Ha molti aspetti comuni: anche a Londra cantano per tutta la partita, che si vinca o che si perda. In Inghilterra però non c’è la cultura dello striscione che a Verona invece si usa spesso. Tuttavia l’attaccamento non è paragonabile: i tifosi dell’Hellas vivono ogni giorno pensando alla squadra, invece oltremanica finita la partita si archivia ogni pensiero. Forse è questa l’unicità dei butei».

Concludendo, che partita sarà quella di sabato?
«Sarà una sfida complicata: il Napoli tecnicamente è più forte, ma il Verona deve avere grinta e determinazione. Sono certo che i butei non faranno mancare il loro apporto per spingere i gialloblù verso la partita perfetta. Solo così ce la si può fare».

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