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Picchio De Sisti sul Verona: “Dura a Firenze, non solo Pecchia il problema”

Un punto, solo uno divise la sua Fiorentina dalla Juventus nel 1982: “Non mi parli di quell’anno. Ci penso sempre, quasi di più del Mondiale perso in finale contro il Brasile di Pelè“. Così parla Giancarlo De Sisti, una carriera da Picchio di centrocampo, poi alcuni altri da allenatore, ma nel calcio alcuni rammarichi non li cancella nessuno. In quella Nazionale allenata da Valcareggi i nomi leggendari erano troppi, ma ancor più forte era il Brasile che la schiacciò in finale di Coppa del Mondo nel ’70.

Vent’anni da calciatore, divisi tra Roma, Fiorentina e maglia azzurra. Da allenatore sfiorò solo quello scudetto, che alla fine decretò la seconda stella sul petto della Juventus, poi le sue panchine furono difficili e finirono per tagliarlo in posizione più defilata. Nato a Roma nel ’43, giocò più di 250 partite con il giglio sul petto, ancor più che con la lupa. È stato intervistato da L’Arena, che dalle sue memorie e dalla sua competenza cerca di trarne verità saggia.

Vivo nella mia città (Castel Gandolfo, ndre tutto sommato i miei 75 anni li porto anche bene. Seguo il calcio alla tv e sui giornali con un occhio particolare alle squadre della mia vita“. Il de senectute di De Sisti è un inno alla quiete dell’eroe dopo le sue gesta, in un ritiro di riposo che lo tiene con l’attenzione rivolta alle sue squadre. Poi c’è sempre l’occasione di parlare anche delle altre, magari con qualche vecchio compagno.

Del Verona ne avevo parlato tempo fa con Alberto Ginulfi – una delle poche persone che possono raccontare di aver parato un rigore a Pelè – che ha sposato una mia parente e ha giocato da voi. Bella città, non mi sono mai fermato molto e non ho mai avuto nessun contatto coi dirigenti. Ai miei tempi c’era Mascetti in campo, un bel centrocampista, e Bagnoli in panchina. Entrambi però gli ho battuti qualche volta. Ma della squadra di oggi cosa volete che vi dica? L’ho vista un paio di volte in tv. A Roma con i giallorossi erano allo sbando. Con la Juve non mi erano dispiaciuti. È difficile giudicare da fuori. Con la Fiorentina la vedo dura. Mi piace il ragazzo che gioca esterno, Verde. È da un po’ nel giro delle varie nazionali. Ha numeri. Ma adesso il calcio è molto fisico dovrà avvicinarsi il più possibile al rendimento di uno come Insigne per emergere“.

Una situazione difficile, che poteva essere gestita meglio anche secondo De Sisti: “Qualcosa ho letto e mi hanno riferito del taglio di Pazzini. Bisognerebbe conoscere meglio la situazione però uno che fa oltre cento gol in Serie A, io l’avrei gestito diversamente. Ma il calcio è cambiato“. Poi uno sguardo alla Fiorentina, che al Franchi vorrà rialzarsi dopo un periodo negativo: “All’inizio pensavo che questo gruppo potesse lottare per il settimo posto e quindi rischiare di andare in Europa. I giovani, però, hanno bisogno di spensieratezza. Bisogna accettare la loro simpatica ingenuità. Astori, Badelj e Thereau sono pedine importanti per Pioli, danno equilibrio a tutta la squadra. Pioli, ribadisco, mi piace. Il fatto che non sia andato bene alla guida dell’Inter non deve suonare come una condanna. Lui aveva retto bene la tensione di una realtà difficile come la Lazio“.

Da osservatore super mundi guarda al Verona, osserva la panchina e scagiona Pecchia da tante colpe che negli ultimi mesi gli sono state affibbiate: “Era un ottimo giocatore ed anche una brava persona. Non so, anzi non mi pare, che avesse una grande rosa a disposizione. Ora per il Verona è tutto molto complicato. Credo che il problema non sia solo l’allenatore“. E così, parlando di allenatori, si finisce a parlare della sua terza squadra, quella della Nazionale azzurra: “L’Italia eliminata poi, una catastrofe. Non c’entra Ventura, Immobile o chissà che altro. Dico solo che ai miei tempi sia giocatori che tecnici erano più preparati tatticamente. Fidatevi. Comunque bisogna sfruttare questa eliminazione per ripartire. Bisogna iniziare dal basso, insegnando calcio“.

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