Il difensore gialloblù, intervistato dai colleghi tedeschi di 11Freunde, ha parlato di Coronavirus ma anche di calcio
Coronavirus, ma non solo: durante la lunga intervista concessa alla rivista tedesca 11Freunde, Koray Günter ha avuto modo di parlare anche di calcio e in particolare del suo passato con Dortmund e Galatasaray, ma anche del suo presente in Italia.
Di seguito, dunque, le sue principali dichiarazioni.
LA COSA GIUSTA. «Al momento ci troviamo all’ottavo posto, con vista sull’Europa League. C’era molto entusiasmo, abbiamo anche battuto la Juventus. C’è amarezza per l’interruzione del campionato, ma era la cosa giusta da fare».
IL CAMPIONATO E LE PORTE CHIUSE. «Probabilmente per noi giocatori sarebbe meglio chiudere qui la stagione, ma non è una cosa che riguarda solo noi: ci sono tante società che, economicamente parlando, hanno bisogno delle partite per andare avanti. Di una cosa però sono certo: giocare a porte chiuse fa schifo. Non voglio terminare il campionato giocando senza pubblico, lo stadio vuoto fa venire meno gran parte delle motivazioni di un calciatore».
IL DORTMUND. «L’inizio della mia carriera è stato incredibilmente veloce: a 18 anni Klopp mi ha portato in prima squadra al Borussia Dortmund. Il passaggio al “calcio dei grandi” è stato un salto molto grande, e serve pazienza. Io non lo sono sempre stato: forse nel giro di un paio d’anni avrei potuto avere la mia occasione, ma quando un allenatore come Mancini (allora allenatore del Galatasaray, ndr) continua a chiamare, alla fine ascolti ciò che ha da dirti…».
IL GALATASARAY. «In Turchia ho vinto molto (due campionati e tre Coppe di Turchia, ndr), ma poi mi sono infortunato al crociato e Mancini è stato esonerato. L’Italia per me ha rappresentato un nuovo inizio e una sfida».
IL CALCIO ITALIANO. «Il cliché del catenaccio è ormai superato, perché i reparti offensivi sono veramente forti. Credo però che qui la fase difensiva sia molto più curata rispetto al resto del mondo. Il giocatore più forte incontrato? Dybala: se al ritorno avesse giocato dall’inizio, non so se avremmo vinto…».