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Gibellini racconta come ha scoperto Jorginho: “Un fuoriclasse già a 13 anni”

L’ex direttore sportivo gialloblù ha raccontato di come scoprì l’attuale centrocampista del Chelsea

Mauro Gibellini, ex ds dell’Hellas Verona, ha raccontato al Corriere di Verona di come scoprì Jorginho nel 2004:

Era il 2004, ero ds del Verona. Andai in Brasile per visionare alcuni giocatori, alla fine trovai lui. Chi erano gli altri? Anderson, che poi è stato a lungo nel Manchester United, Paulinho, che ha fatto ottime cose al Livorno, e dopo Ederson Tormena, che ha giocato in Belgio. Ma tra una partita e l’altra spesso c’era da aspettare, così nel frattempo mi fermavo a guardare le gare di squadre giovanili. Fu così che incontrai Jorginho. Il mio interlocutore sul posto era César Behling. Fu lui a portarmi a Imbituba. Guardai questa partita da un gabbiotto di cemento, c’era un sole a picco talmente forte che mi scottai pur essendo al coperto. Mi colpì subito l’abilità di un ragazzino smilzo che faceva sempre la cosa giusta. Chiesi subito informazioni: aveva 13 anni ed era proprio di Imbituba. Con Behling nacque l’idea di aprire una scuola calcio per far crescere i ragazzi del posto. Pochi mesi più tardi finì la mia esperienza al Verona. Nel frattempo, ci muovemmo con le amministrazioni del luogo, lo Stato di Santa Catarina, per sviluppare il nostro progetto. La scuola fu realizzata a Guabiruba e ci serviva un allenatore. Mi rivolsi a Oreste Cinquini (direttore sportivo, tra gli altri, di Fiorentina, Bologna, Lazio, Venezia e Zenit San Pietroburgo, ndr ), per chiedergli un consiglio. Mi fece il nome di Mauro Bertacchini, un toscano della Lunigiana. Il primo tecnico di Jorginho, di fatto, è stato lui”.

TUTTO NACQUE A GUABIRUBA. “Sì, da una riunione che si svolse proprio a casa di Jorginho, con sua madre e i genitori di altri ragazzi che prendemmo alla scuola calcio, per illustrare i piani che avevamo. Tra gli altri c’era un coetaneo di Jorginho che tutti chiamavano Leche, un soprannome che gli avevano dato perché aveva le orecchie a sventola, in gergo si diceva così. Jorginho era già di un altro mondo. Ricordo che Alessandro De Blasi, imprenditore che finanziò inizialmente la scuola, volle realizzare un video promozionale in cui compariva proprio Jorginho che palleggiava facendo vari “trucchi” con la palla. Numeri alla Maradona, per capirci. Mi viene da ridere a sentire che qualcuno sostiene che non sia un fenomeno tecnicamente. Ad ogni modo, dopo qualche tempo lasciai la mia quota nella scuola calcio, ma era un destino che ritrovassi Jorginho”.

VERONA. “Tornai all’Hellas come diesse nel 2010, lui era arrivato in gialloblù qualche anno prima e doveva andare a giocare con continuità. Mi accordai per il prestito con la Sambonifacese, che era in Seconda divisione, mettendo un premio di trentamila euro sulla sua valorizzazione. Fece bene e quindi l’estate successiva lo riportai al Verona. Il resto, è cosa nota”.

LA CITTADINANZA ITALIANA. “Mai dubitato. Ero sbalordito quando vedevo che non lo convocavano in Nazionale. A proposito, aggiungo che mi prodigai molto per fargli avere la cittadinanza italiana. Nel 2012, alla fine del mio rapporto con l’Hellas, andai al Como. Chiamai Jorginho e lo consigliai: “Ascoltami, prendi il doppio passaporto, è più facile che ti chiami l’Italia che il Brasile”. Lo misi in contatto con Stephania Puton, avvocato specialista in queste pratiche. Jorginho ha ascendenze a Lusiana, nel Vicentino, nel giro di pochi mesi ebbe i documenti”.

SENSAZIONI IN VISTA DI ITALIA-SPAGNA. “Mi ricorda Falcão, un leader che gioca con un radar, sempre vicino all’azione e alla palla. Con la Spagna sarà una grande partita, tra squadre molto tecniche. Jorginho si confronterà con un gigante, Sergio Busquets, e lo farà da pari a pari”.

PALLONE D’ORO.Dovesse vincere l’Europeo, dopo la Champions League, se lo meriterebbe. Perché di campioni come lui ce ne sono pochi. E lo era già quando aveva 13 anni quando lo vidi a Imbituba, tra le balene e l’Atlantico”.

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