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Romano Mattè analizza Iturbe: “Ben strutturato, istintivo e potente, ma pecca in lettura situazionale”

L’ex tecnico, ora professore universitario nonché opinionista, ha detto la sua sull’edizione odierna de L’Arena

La “telenovela Iturbe” continua a tener banco a Verona, dove molti tifosi sognano il ritorno del paraguaiano che tanto bene aveva fatto in coppia con Luca Toni.

Ma come il classe ’93 riuscirebbe a integrarsi nell’Hellas di Juric? Secondo Romano Mattè, noto esperto di calcio, professore universitario e opinionista nonché ex allenatore, la risposta è “sì”.

A spiegarci perché è lui stesso, con una lunga analisi riportata oggi su L’Arena. Ecco dunque il suo pensiero:

«Tutti rivogliono Iturbe, nel ricordo di quello che Iturbe fece vedere in quel Verona. A Roma venne bruciato dallo spogliatoio (ne vedremo più avanti la principale ragione), per poi smarrirsi. Quali sono ora le sue vere condizioni fisico-atletiche? Tutto questo è da verificare attentamente e qualora il risultato fosse positivo, spetterà a Juric il compito di favorire una nuova resurrezione.

Ma vediamo chi era Iturbe e quali sono le sue peculiari caratteristiche tecnico-tattiche, che forse alcuni non ricordano.

È normotipo ben strutturato, di gamba solida con grossa sezione di coscia, che gli consente di avere esplosività sul breve e di tenere ottima accelerazione e potenza di allungo. È mancino puro, più istintivo che razionale, di buon piede, con battuta secca, precisa e potente anche dalla media distanza: dribbla di potenza e strappa in allungo.

È giocatore che si esalta con un gioco rapido, pragmatico, verticalizzato, essenziale nella sua istintiva semplicità (puntamento per l’assist dal fondo linea o dalla tre quarti laterale, o taglio a chiudere per la battuta risolutiva), ama aggredire e fiondarsi in velocità negli ultimi 35-40 metri di campo aperto.

Pochi ricordano, che forse la sua migliore prestazione fu quella in cui venne schierato a gara in corso, alle spalle di Toni, quasi da seconda punta. In questa collocazione il nostro aveva a sua disposizione non più solo due direttrici tattiche, ma più campo aperto a 360 gradi con tre soluzioni tattiche con un formidabile Toni, che gli faceva da punto di riferimento e da “apripista-sponda”.

Quale allora la ragione del mancato inserimento in quella Roma e del fallimento di un giocatore talentuoso, che pareva avere tutto per imporsi ad alto livello? Iturbe latitava nel tempo di lettura situazionale: testa bassa volta alla palla, poca visione periferica, palloni trasmessi con tempi spesso sfasati, o dati troppo o troppo tardi (siamo nell’ordine di nano-secondi!), vanificando e bruciando i movimenti di smarcamento dei compagni. Più ci si avvicina all’area e più i tempi divengono fondamentali, bruciarli significa vanificare gran parte dell’azione offensiva.

Concludendo: se avverrà il ritorno del figliol prodigo, sempre che le sue condizioni fisico-atletiche siano ancora intatte, lo vedrei impiegato da seconda punta o da finto «nueve», alla Verre, in una formula offensiva senza una punta centrale. Solo ad uno come Juric può riuscire il restyling di un talento che si è smarrito nel calcio globale».

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