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ESC. CH – Maietta: “Quando si parla di Verona mi si riempie il cuore”

L’ex difensore gialloblù, oggi capitano dell’Empoli, si è raccontato in esclusiva ai nostri microfoni

«Aspettate un attimo, mi chiudo in bagno se no mio figlio non mi fa fare questa intervista…». È cominciata così la nostra intervista a Domenico Maietta, uno dei giocatori più significativi della storia recente dell’Hellas (come dimostrato anche dalla nostra Top 11).

La sua simpatia, la sua disponibilità e la sua voglia di parlare di Verona sono rimaste immutate negli anni, e alla fine il quarto d’ora che avremmo dovuto rubargli si è trasformato in una piacevolissima mezz’ora durante la quale c’è stato modo di scambiare anche qualche battuta in più del previsto.

Di seguito, dunque, la prima parte della nostra intervista esclusiva all’attuale capitano dell’Empoli.

Ciao Mimmo! Partiamo dal principio: come va? Com’è stata la quarantena e soprattutto com’è stato tornare in campo?
«Credo che la mia quarantena sia stata molto simile a quella di tutti: ho passato le giornate cercando attività divertenti da fare con mio figlio e allenandomi in… smartworking! Nonostante la Società ci sia venuta incontro in ogni modo, per esempio fornendoci delle cyclette, non vedevo comunque l’ora di tornare in campo. Ora siamo più o meno tornati alla normalità: certo, abbiamo precise istruzioni da seguire sia per gli allenamenti che per le partite, inoltre giocare senza pubblico non è il massimo, me era importante ripartire».

Come hai detto, il calcio è ripartito: cosa ne pensi? Scelta giusta?
«Chiaramente ripartire comporta dei rischi, però l’emergenza sembra ormai essere superata e quindi è giusto ripartire, pur con le dovute precauzioni. In fondo sta ripartendo tutto, quindi è giusto riparta anche il calcio. Diciamo che è un rischio accettabile, prima o poi bisognava ricominciare e noi tra l’altro siamo stati tra gli ultimi a farlo».

Pensavi che anche la Serie B sarebbe ripartita?
«Sinceramente no. Ero piuttosto pessimista in quanto non pensavo che tutte le società potessero seguire il rigido protocollo. Devo dire che mi avrebbe dato molto fastidio chiudere la carriera con una stagione non conclusa, quindi meglio così».

Si ripartirà a porte chiuse, ma il mondo del calcio sta cercando di… socchiuderle. Secondo te sarà possibile vedere un po’ di gente allo stadio già in questa stagione?
«Fino a qualche settimana fa nessuno si aspettava che saremmo tornati in campo, quindi perché no? Fosse per me riaprirei tutto, anche perché ritengo che senza tifosi non sia calcio, ma chiaramente siamo ancora in una situazione di rischio. Io me lo auguro perché vorrei chiudere la mia carriera vedendo gli stadi pieni».

Ti abbiamo chiamato anche perché nel nostro sondaggio sei risultato il difensore centrale più votato, davanti anche al capitano del Verona “scudettato”, Roberto Tricella. Cosa vuol dire per te?
«Alcuni amici veronesi mi hanno fatto vedere quel sondaggio, e devo dire che essere stato inserito in una squadra del genere (la trovate cliccando QUI, ndr) mi ha davvero emozionato. Ogni volta che si parla di Verona mi si riempie il cuore e mi vengono i brividi: come dirò per tutta la vita, vestire quella maglia è stato per me un onore e motivo d’orgoglio. Non ci sono parole per descrivere cosa provo, nessuno può capirlo».

Parliamo di Verona: qual è il tuo più bel ricordo legato all’Hellas?
«Per quanto riguarda la squadra, ho talmente tanti bei ricordi di quei quattro anni che sarebbe impossibile indicarne uno. Ricordo però un gruppo solido e importante partito dalla Lega Pro e arrivato quasi in Europa League. Sono ancora in contatto con molti di loro, difficile perdere di vista amicizie simili: ricordo le grigliate, le serate fuori… C’è poco da fare, un gruppo è tale solo se si frequenta anche al di fuori del campo».

A proposito del percorso Lega Pro-Serie A, al tuo arrivo profetizzasti quella grande cavalcata…
«Sì, quando arrivai dissi che saremmo arrivati in Serie A nel giro di tre anni e così fu. Me lo sentivo, e quando ti senti le cose riesci a esprimerti al meglio e a fare in modo che si realizzino».

Qual è invece il più bel momento legato alla città?
«Anche per quanto riguarda la città ne ho tanti: da dopo la partita contro l’Empoli (lo 0-0 casalingo che sancì la promozione, ndr) è stata una festa continua, dagli allenamenti alla festa in Arena: me la ricordo benissimo, l’Arena era tutta gialloblù e noi ci sentivamo un po’ come degli artisti».

Per la seconda parte dell’intervista, clicca QUI)

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