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Moras: “A Verona ho dato tutto, com’è nel DNA di quella piazza. E sul mio addio…”

L’ex difensore dell’Hellas, durante una diretta Facebook a cui ha preso parte con Juanito Gomez, ha parlato del suo periodo gialloblù

Come vi abbiamo raccontato ieri, a prendere parte alla diretta Facebook mandata in onda mercoledì dai colleghi di SportDiPiù Magazine non è stato solamente Juanito Gomez, ma anche Vangelis Moras.

Senza perdere tempo, andiamo quindi a leggere le sue principali dichiarazioni.

IL COVID-19 IN GRECIA. «In Grecia il Coronavirus non ha fatto tantissimi danni perché abbiamo imparato dagli errori altrui e abbiamo chiuso tutto subito. Qui da noi c’era però già una forte crisi economica, quindi ora la situazione sarà ancora peggiore. Per quanto riguarda il calcio, abbiamo già iniziato ad allenarci a piccoli gruppi, ma dobbiamo vedere se ci sarà la possibilità di ricominciare».

L’HELLAS. «A Verona abbiamo sfiorato l’Europa League, ma poi nella partita contro la Lazio ci hanno dato contro un rigore piuttosto generoso e ci hanno tolto la possibilità di qualificarci. Alla fine siamo comunque ben oltre le aspettative e abbiamo dato tutto, com’è nel DNA di quella piazza: all’Hellas l’importante è dare il massimo, a prescindere dal risultato. Con i tifosi ho creato un bellissimo rapporto proprio perché non mi sono mai tirato indietro: ricordo che quando tornai al Bentegodi con la maglia del Bari ricevetti un lungo applauso. Lo desideravo, ma non me l’aspettavo».

IL MISTER. «Mandorlini è un tipo tosto, così come Sogliano: è gente tosta, che ti dice le cose come stanno e in faccia. Se sai come prenderlo sviluppi un ottimo rapporto. Il mister è uno che si fida di poche persone e che schiera chi gioca per lui: se non giochi per lui, ti massacra».

IL BENTEGODI. «Bentegodi è bello solo quando è pieno di tifosi dell’Hellas, ma ormai è vecchio. Credo che il popolo dell’Hellas meriti un vero stadio di calcio, uno che permetta alla gente di essere anche fisicamente vicina alla squadra per trasmetterle ancora più carica!».

DIMITRI. «Dopo la morte di mio fratello Dimitri tutto il Verona, dai compagni di squadra ai tifosi, mi è stato molto vicino. Queste situazioni vanno però trasformate in energia positiva, e mio fratello non mi avrebbe voluto vedere piangere, anche perché piangere sarebbe stata una via “troppo facile”. Ciò che voleva è che io portassi avanti il suo messaggio sull’importanza della donazioni di midollo, cosa che ho fatto pubblicamente, perché non credo che la beneficenza vada fatta in silenzio. Chi fa beneficenza deve essere un esempio, e non certo per farsi pubblicità, ma per fare in modo che anche altri lo facciano».

L’ADDIO. «Purtroppo non sono andato via dall’Hellas come avrei voluto. Ricordo che alla fine della stagione 2015/2016 sarei dovuto restare, avevo già un accordo di massima, ma poi a gennaio volevano vendermi allo Spezia. Io rifiutai e retrocessi con la squadra, non volevo abbandonare la nave, ma essendo in scadenza alla fine dovetti cambiare aria: mi dispiace, avrei voluto salutare meglio la gente di Verona…».

IL FUTURO. «Non so ancora cosa farò della mia carriera una volta appesi gli scarpini al chiodo: credo che come minimo giocherò un altro anno, e potrei andare avanti ancora se continuassi a scendere in campo con regolarità. Quando arriverà il momento prenderò i patentini di allenatore e direttore sportivo, poi vedrò cosa mi piacerà di più».

IL MESSAGGIO. «Speriamo di uscire da questa crisi più forti di prima. Sotto certi aspetti il peggio inizia solo ora, ma sono convinto che una città come Verona passerà anche questo momento!».

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