Nel 1973 scoppiò l’epidemia nel sud d’Italia. Napoli e il capoluogo pugliese i centri più colpiti
Il Verona vittima di un’epidemia? Accadde 47 anni fa, quando per tutelare la salute dei giocatori si rifiutò di scendere in campo a Bari. I gialloblù ci rimisero la qualificazione ai quarti di Coppa Italia, come racconta L’Arena in edicola questa mattina.
Estate del 1973, scoppia il colera a Napoli. Sono colpiti altri capoluoghi del sud fra cui Foggia, Taranto, Caserta, Cagliari e appunto, Bari. L’inizio del campionato di calcio venne posticipato di una settimana. Ma all’epoca la serie A era composta di sole sedici squadre. Era tutto più facile. Tra mille polemiche e quasi trecento morti totali, numeri poco rilevanti se si pensa al Coronavirus. Si arrivò ai gironi di Coppa Italia. (…)
Ma c’era da andare a Bari. «Era scoppiato il colera» ricorda Sirena, «non c’erano le informazioni di oggi». (…) Insomma nè il Verona a Bari, nè tantomeno il Genoa a Napoli volevano rischiare. Intervenne la Lega Calcio e Carraro impose la disputa di Bari-Verona e quella di Napoli-Genoa, gare valide per la terza giornata del gironcino di Coppa Italia. «Ma giornali e tv continuarono ad insistere sull’emergenza colera» ricorda Sirena, «a sostenerci fu Sergio Campana dell’Aic. Un po’ come sta facendo oggi Damiano Tommasi. Ci davano dei viziati ma non sapevamo e c’era tanto timore. La riunione decisiva tra noi, mister Cadè e il presidente Garonzi. Ricordo che fu un po’ animata. All’epoca non si guadagnavano grandi cifre e passando il turno avremmo incassato un primo premio. Eravamo i favoriti di quel girone. Alla fine si decise di non andare». Era il 14 settembre quando arrivò la telefonata al Bari e prima ancora a Lega e Figc. Fu il segretario Fiumi a farla per conto del presidente Garonzi che poi, ebbe un lungo litigio telefonico con Franco Carraro, presidente della Lega. Il Verona perse due a zero a tavolino e in più, oltre alla multa, venne punito con un punto di penalizzazione.