L’attaccante gialloblù, intervistato dalla Rosea, ha parlato dei suoi inizi a Palermo, delle promozioni con Carpi e Parma e della sua nuova avventura
È un Totò Di Gaudio a tutto tondo quello che si è raccontato ai colleghi de La Gazzetta dello Sport in una lunga intervista comparsa sull’edizione odierna della Rosea.
Molti gli argomenti toccati, partendo dai primi calci e arrivando al suo sbarco sulle rive dell’Adige, passando per il Palermo e le promozioni con Carpi e Parma.
Di seguito, dunque, le sue principali dichiarazioni.
GLI INIZI. «Sono nato in una periferia non molto bella, dove giocavo per strada. Poi mister Salvatore Zammitti, oggi al Palermo, mi ha visto e mi ha preso sotto la sua ala: per me è stato come il padre che non ho mai avuto».
IL PALERMO. «Mi avevano voluto a tutti i costi, ma mi facevano giocare poco e si giustificavano sempre con spiegazioni strane. Poi un giorno, prima di andare in ritiro con la Primavera, mi dissero che sarebbe stato meglio se avessi smesso: avevo 17 anni, piansi moltissimo. Del Palermo ero anche tifoso, ma da quando mi hanno scartato basta: sono molto legato alla città, ma quando gioco contro la squadra…».
LE DUE “A”. «Carpi è stata la parte più importante della mia carriera. Arrivare in Serie A è stato inaspettato, una vera e propria impresa. Anche la promozione con il Parma è arrivata un po’ a sorpresa: sapevamo di essere una squadra forte, ma il nostro obiettivo si limitava ai play-off».
VERONA. «Qui sto molto bene, e sono veramente contento per il mio primo gol, che ho dedicato a mia moglie e a mio figlio presenti in tribuna. Adesso però mancano dieci partite, e da qui in avanti ci servirà continuità. Promozione? Mi sono tatuato la A di Carpi e Parma: se Dio vorrà, io ho ancora spazio per tatuarmene una terza…».