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8 dicembre 2013: l’ultimo acuto di Cacia, ruggito Verona all’Atalanta

verona

Cinque anni fa il Verona tornava in Serie A dopo più di dieci anni d’inferno. Ci tornava con l’obiettivo di salvarsi ma si riscoprì una forza inaspettata del campionato. Dopo la quattordicesima giornata i gialloblù di Mandorlini si trovavano sesti in classifica a 22 punti, ma in seguito a una serie di tre sconfitte consecutive dovevano risollevarsi contro un’Atalanta da salvezza, aggrappata all’attaccante Denis per la trasferta del Bentegodi. Grazie ai gol dell’argentino, infatti, i nerazzurri riuscirono a risollevarsi, concludendo il campionato con ben 50 punti, ma la riscossa non avvenne quel giorno, non in casa dell’Hellas.

Il Verona si schiera così (4-3-3): Rafael; Romulo, Gonzalez, Maietta, Agostini; Cirigliano, Jorginho, Halfredsson; Iturbe, Toni, Martinho.

Il primo squillo è gialloblù, con Martinho che, servito da Agostini all’interno dell’area, prova a calciare da posizione molto defilata invece di servire Toni in mezzo. Di lì in poi il resto del primo tempo è tutto di marca ospite: l’Hellas rimane a galla grazie alle grandi parate di Rafael, ma viene colpito al 42′ dal gol di German Denis. Il capitano della Dea riceve un pallone alto di Koné sulla trequarti di sinistra, avanza fino al limite dell’area, finta di rientrare e invece sterza verso la porta: Rafael qui non riesce a rimanere in piedi e viene beffato da un semplice pallonetto. A fine primo tempo Hellas Verona-Atalanta 0-1.

Inizio ripresa e scaligeri subito pericolosissimi: su un retropassaggio il portiere nerazzurro Consigli commette una sciocchezza terribile, regalando la sfera a Toni nel tentativo di tenerla in campo, a ridosso del lato largo dell’area di rigore, e lasciando sguarnita la porta; a graziarlo è però Iturbe, che colpisce di testa il delizioso cross del compagno ma lo schiaccia troppo e il pallone finisce alto dopo essere rimbalzato davanti allo specchio. Alejandro Gonzalez restituisce il favore, rinviando addosso a De Luca: la carambola libera Denis nel cuore dell’area, ma il suo rasoterra sul secondo palo è deviato in corner da una parata formidabile di Rafael.

Manca poco: Mandorlini butta nella mischia Daniele Cacia, con il compito di spalleggiare quel Luca Toni che si era preso il suo posto. Il capocannoniere in carica della Serie B ha subito una grande occasione: sfrutta la sua profondità su una sponda aerea del compagno di reparto, ma il piedone di Consigli gli dice no da due passi. Prima di lui era entrato anche Juanito Gomez, protagonista a otto minuti dal 90′ del pareggio gialloblù: corner per il Verona calciato molto alto da Romulo, la parabola spiove sulla testa dell’argentino che chiude la traiettoria verso il primo palo e fa 1-1.

Non passano neanche cinque minuti che Toni si ritrova a lottare in mezzo al campo: spalle alla porta spara alla cieca verso il limite dell’area e Cacia si avventa sul pallone. L’atalantino che lo insegue è Riccardo Cazzola, centrocampista veronese cresciuto nel San Zeno: per lui quel pallone un po’ a caso diventa un incubo. Cacia sente le braccia avversarie sul petto, con esperienza si lascia cadere e guadagna, a tre minuti dalla fine, il rigore che potrebbe decidere la vittoria.

Lo stadio si alza e invita l’attaccante gialloblù a calciare il rigore. “Se lo è guadagnato, ora lo deve battere” ricordo che disse mio padre. Invece tocca al rigorista designato, Jorginho. Cacia si alza da terra a braccia larghe, le richiude al petto e inizia a scuoterle e a stringere i pugni, abbassa lo sguardo e probabilmente dice fra sé e sé: “Eccomi qui, io conto in questa squadra, io conto in Serie A“. Cazzola chiude invece con una sfortunata espulsione la sua gara.

Jorginho calcia e la mette a sinistra, Consigli si allunga ma non ci arriva. Il centrocampista salta tanto in alto che la sua esultanza sembra uscita dagli anni 70′, poi è proprio Cacia il primo ad abbracciarlo. Cosa ci faceva già lì, due metri più avanti del rigorista? Era già lì perché ha corso più di tutti, perché aveva una voglia matta di segnarlo quel gol, probabilmente aveva voglia di batterlo pure quel rigore, ma si fece da parte perché l’unica cosa importante era la vittoria del Verona. Tutti abbracciano Cacia, come fosse suo il gol. Lo abbraccia anche Mimmo Maietta che al momento della battuta era girato verso la tribuna est, non voleva guardare. L’ultimo squillo di Cacia, che fece esplodere il Bentegodi per una delle vittorie più belle degli ultimi anni.

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