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Berardi e Pecchini incontrano i ragazzi della Junior TIM Cup

Il portiere e il difensore gialloblù hanno raccontato le proprie esperienze

Foto: Hellas Verona FC

L’Hellas Verona ha ospitato l’ottava tappa della Junior TIM Cup – Keep Racism Out, torneo giovanile arrivato all’undicesima edizione volto a sensibilizzare i più piccoli sul tema del razzismo e ogni forma di discriminazione.

Per l’occasione, i ragazzi del Seminario Minore di Verona hanno incontrato Alessandro Berardi e Alessia Pecchini, i quali hanno parlato della propria esperienza da calciatori.

Di seguito, dunque, le dichiarazioni del portiere e del difensore gialloblù.

BERARDI. «Da quando sono piccolo ho sempre giocato insieme a calciatori che hanno fatto esperienze diverse dalle mie, e proprio grazie a questi rapporti ho capito quanti ragazzi hanno vissuto momenti incredibili. Per me potersi confrontare con persone di altre culture è da sempre un’opportunità magnifica: penso ci faccia crescere e ci aiuti a capire molte cose. Il calcio, in questo senso, può sicuramente essere uno strumento di inclusione. Per me il calcio è felicità, significa poter stare con i compagni, in un bel gruppo, ed è soprattutto vita. Il divertimento deve essere alla base, soprattutto quando si gioca a livelli non professionistici. Il messaggio che posso dare è quello di pensare solamente a divertirsi, soprattutto da piccoli. Crescendo bisogna avere poi anche degli obiettivi, perché per viaggiare serve una meta. Ma ognuno deve trovare la propria strada».

PECCHINI. «Nel calcio è molto importante fare squadra, e per questo è fondamentale conoscere anche lingue diverse. Io stessa sono stata straniera all’estero, dove ho anche giocato, e aver avuto tante persone e compagne che parlavano in inglese per comunicare con me mi ha fatto sentire veramente inclusa. Per questo anch’io cerco di fare lo stesso da sempre con tutti. Lo sport, e soprattutto il calcio, sono strumenti fortissimi per dare il buon esempio. Noi calciatrici e calciatori dobbiamo fungere da esempi positivi, continuando ad impegnarci in questa direzione. Non sempre chi urla o si fa sentire in campo rappresenta chi è il più forte. Credo invece che serva molta più forza e disciplina, per esempio, per rispettare decisioni arbitrali, andare avanti dopo aver subito un torto o per mandare giù la rabbia nei momenti di tensione. Quello penso sia il vero sintomo di forza e di coraggio».

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