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Bessa: “In Brasile la situazione si complica. Italia modello di riferimento”

Il centrocampista gialloblù, attualmente in prestito al Goiás, ha parlato della situazione Coronavirus e non solo

Daniel Bessa, dopo 12 anni di Italia con le maglie di Inter, Vicenza, Bologna, Como, Genoa ed Hellas Verona, intervallate da due esperienze in Portogallo e Olanda, a gennaio è approdato al Goiás.

In un intervista concessa a gianlucadimarzio.com, il centrocampista naturalizzato italiano ha parlato della pandemia, ma anche di calcio: andiamo quindi a vedere le sue principali dichiarazioni.

IL CORONAVIRUS. «Anche qui il virus ha bloccato tutto, più per precauzione che per una vera e propria emergenza come in Italia, anche se la situazione si è un po’ complicata negli ultimi giorni visto che si sono verificati alcuni casi nel nostro stato e soprattutto a Sao Paulo. Abbiamo giocato una partita a porte chiuse in campionato e una a porte aperte in coppa, poi da martedì hanno bloccato partite e allenamenti, e quindi sono a casa. Per me è una novità, però al momento non mi annoio e come tutti attendo nuove comunicazioni».

L’ITALIA COME MODELLO. «A me arrivano notizie via Internet e TV, e mi viene difficile commentare ogni singolo episodio. Quello attuale è un allarme molto più forte rispetto a quello che c’è stato inizialmente da voi, proprio per evitare di correre lo stesso rischio: se però non verranno prese decisioni più drastiche, considerato che siamo più di 200 milioni di persone,il virus rischia di fare molte più vittime in minor tempo. Da Goiânia a Sao Paolo ci sono circa 7-8 ore di distanza in macchina, ma c’è la paura che questo virus si possa propagare da uno all’altro: qui diventerebbe ancora più complicato per i posti negli ospedali. In Brasile fanno sempre riferimento all’Italia per come è stata gestita la situazione, la prendono sempre come esempio».

L’ITALIA. «Con mia moglie seguo le notizie che arrivano dall’Italia: ho vissuto lì a lungo, e quindi mi dispiace molto per questa situazione. Tuttora sento alcuni miei ex compagni, ma ognuno mi trasmette le sue sensazioni e quindi è difficile capire veramente la realtà delle cose. Vedo che a Milano la situazione è molto complicata, con la gente che rischia di prendere delle multe quando esce di casa. Noi in Brasile non siamo arrivati a questo, però dobbiamo prestare attenzione».

LA FAMIGLIA. «La mia famiglia è la preoccupazione più grande: mia madre ha sconfitto un tumore, mio padre è diabetico e ha superato i 60 anni, quindi è normale che sia preoccupato. Con mia moglie abbiamo deciso che se questa situazione si dovesse prolungare, non faremo ritorno a Curitiba, perché anche se non abbiamo sintomi c’è il rischio di poterlo trasmettere».

LA STAGIONE. «Prima dello stop stava andando benissimo e sono molto contento, perché nella prima parte di stagione ho giocato nelle tre competizioni: Copa do Brasil, campionato goiano e Copa Sudamericana: da quest’ultima siamo usciti al primo turno, però è come disputare l’Europa League, quindi ed è stato molto bello. La Copa do Brasil sarebbe come la Coppa Italia, ma qui ha un valore più importante, anche in termini economici. Io sono arrivato un po’ indietro con la condizione fisica, perché mi ero infortunato al Verona, ma ho già giocato 9 partite e segnato 3 gol. Era quello che volevo».

IL PRESTITO. «La scorsa estate ero tornato all’Hellas dopo l’esperienza al Genoa e poteva succedere di tutto, ma alla fine non è accaduto niente a causa anche dell’infortunio negli ultimi giorni di mercato. Sono stati 100 giorni da infortunato, di cui non si è parlato molto, ma sono stati duri. Cercavo felicità e continuità. Il fatto che in Brasile la stagione iniziasse a gennaio e che mi volesse una società di Serie A come il Goiás, che faceva la Sudamericana e che ha obiettivi importanti mi ha convinto. Abbiamo trovato questo accordo con la società (rinnovo fino al 30 giugno 2022 con l’Hellas, ndr) del quale sono felicissimo».

IL CAMPIONATO BRASILIANO. «In Serie A si gioca il calcio più difficile, ma anche in Brasile non è semplice. Qui magari si apprezza più una giocata o un gol, ma c’è anche tantissima tattica, forza fisica e intensità. Tutti i giocatori sono forti tecnicamente e tutte le squadre negli ultimi tempi stanno cercando di imitare quelle europee. Uno dei motivi principali per cui sono tornato è che ci sono tantissime partite: un club qui può arrivare a giocare più di 70 partite in un anno solare».

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