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Amrabat alla GdS: “Questo Verona rispecchia l’anima di Juric”

Una delle grandi sorprese dell’avvio di stagione dell’Hellas ha parlato ai colleghi della Rosea del match di domani, ma non solo

È senza dubbio uno dei giocatori più rappresentativi di questo Hellas, potremmo quasi definirlo la “proiezione” di Juric in campo: stiamo parlando di Sofyan Amrabat, che dopo essere arrivato quasi “per caso” (difficile dire se sarebbe arrivato senza il problema cardiaco di Badu), in poche partite si è già preso tutto l’affetto dei tifosi gialloblù, subito innamoratisi della sua incredibile grinta.

Raggiunto dai colleghi de La Gazzetta dello Sport, il centrocampista marocchino ha quindi parlato di se stesso, del suo percorso e del suo approdo in Serie A, ma anche della prossima sfida contro il Sassuolo e di tanto altro: di seguito, dunque, le sue principali dichiarazioni.

UN LUNGO PERCORSO. «Per arrivare dove sono ho passato anni di lavoro e sacrifici, delusioni e risalite, confronti quotidiani con la famiglia. Huizen? Sono nato e sono cresciuto lì con la mia famiglia: si trova a 20 minuti di strada da Amsterdam, non ci è mancato nulla. Siamo cresciuti tra libri e pallone: i miei genitori hanno provato con il nuoto, ma vedevo solo la palla».

INTEGRAZIONE E RELIGIONE. «Per me l’integrazione è la normalità: mio padre è arrivato in Olanda dal Marocco a 15 anni per studiare, poi ha iniziato a lavorare. Il Ramadan? Lo seguo, se lo fai da sempre non c’è nulla di inaffrontabile. La religione mi dà serenità e forza».

NORDIN. «Quella di mio fratello è una storia speciale: Nordin aveva iniziato nelle giovanili dell’Ajax per poi fermarsi due anni per studiare e lavorare. Ripartì dai dilettanti e nel giro di due stagioni si ritrovò in Champions con il Psv. Con lui ho un rapporto speciale, ci confrontiamo su tutto. Ricordo poi quando eravamo piccoli: giocavamo anche per strada, perché la zona era molto tranquilla, ed è stata una palestra utilissima».

IL VERONA. «Appena ho saputo dell’interesse del Verona ho chiesto subito informazioni a tutti e mi sono documentato, capendo subito lo spessore del Club e del suo pubblico. Com’è questo Hellas? Una squadra che rispecchia l’anima di Ivan Juric, un allenatore che richiede aggressività e ricerca del gioco. È un grande mister anche sotto il profilo del rapporto che ha con i suoi giocatori: è sempre molto diretto, con me lo è stato sin dal momento della firma del contratto».

LA SERIE A. «Sin da quando sono arrivato ho subito avuto l’impressione di un campionato di grandissimo livello, è stata una conferma di ciò che ho sempre visto in televisione. C’è grande intensità ma anche diversi stili di gioco: giocare qui non è semplice anche per questa grande varietà di situazioni con cui devi confrontarti. La salvezza? Sarebbe il giusto riconoscimento per una stagione trascorsa a lavorare quotidianamente: la strada è ancora lunga, ma abbiamo tutto per lottare con le altre».

UMILTÀ. «Io una sorpresa? Mi definisco un tipo umile e concreto, e non mi piace molto parlare di me: diciamo che mi sento a mio agio in quel ruolo di centrocampista dove non serve solo avere forza e velocità, ma sono richieste anche tecnica e visione di gioco. Quando ho giocato la Champions con il Feyenoord capii che ci potevo stare».

IL SASSUOLO. «Sarà una gara equilibrata e delicata, anche se noi giochiamo in casa: loro sono una buona squadra, giocano la palla fin dalla difesa. Vogliamo concretizzare il lavoro che stiamo svolgendo con Juric per essere più decisi sotto porta. Sono fiducioso».

LA NAZIONALE. «La scelta della Nazionale è stata una questione di feeling. Ho ringraziato Rijkaard e Advocaat, ma ho scelto il Marocco».

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