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Verona sotto processo: le cause della crisi

Attacco sterile, difesa vulnerabile, squadra senza identità. Queste secondo le colpe di Grosso

Da oggi il Verona sarà in ritiro in Romagna, in provincia di Forlì e Cesena, per preparare la prossima sfida contro il Pescara dopo la batosta col Benevento.

Dopo la conferma, Grosso si aggrappa ai play-off, che a questo punto sembrano tutt’altro che scontati. Per raggiungerli i gialloblù dovranno cercare di ottenere più punti possibile nelle prossime quattro gare, a partire da quella di sabato in Abruzzo.

La Gazzetta dello Sport oggi analizza i motivi della crisi gialloblù, riassumendoli in tre punti: attacco sterile, difesa vulnerabile e mancanza di identità.

CRISI DEL GOL. Ad inizio anno il Verona aveva deciso di affidare il proprio attacco a due giocatori che sanno bene come segnare in B.

Pazzini nel 2016/17 vinse il titolo di capocannoniere e con i suoi 23 gol guidò l’Hellas alla promozione. Il compagno di reparto Samuel Di Carmine invece nelle ultime due stagioni con la maglia del Perugia di reti ne ha segnate 35.

Il Pazzo è però l’unico tra i gialloblù ad essere andato in doppia cifra (10 gol) in questa stagione, mentre l’ex grifone è fermo a 6. Per il resto sono in tanti i gialloblù andati in rete (ben 16) ma con numeri ridotti.

Sono infatti solo 44 i gol segnati dall’Hellas in campionato (di cui tre assegnati dal giudice sportivo per la vittoria a tavolino contro il Cosenza), che fanno di quello gialloblù solo l’ottavo miglior attacco del campionato. Troppo poco per una squadra che avrebbe dovuto lottare per la promozione diretta.

DIFESA PENETRABILE. Come sottolinea sempre la Rosea, la partita con il Benevento è stata l’emblema delle carenze di questa squadra. Una di queste è proprio la fragilità difensiva.

Sono solo cinque le partite nelle quali il Verona è riuscito a non prendere gol (compresa anche la Coppa Italia). Grosso ha spesso cambiato gli uomini, ma il risultato è stato quasi sempre lo stesso.

E le reti sarebbero forse potute essere anche di più, se non fosse stato per Marco Silvestri, molte volte decisivo in questa stagione.

CRISI D’IDENTITÀ. C’è poi la questione dei giocatori schierati fuori ruolo. Da Bianchetti a Marrone, da Faraoni a Laribi, fino a Empereur. Le scelte tattiche azzardate sono state una costante di questa stagione per Grosso.

E se in alcuni casi inizialmente la risposta sembrava positiva (vedi il caso di Faraoni), ad emergere poi è stata la confusione, derivata nell’evidente mancanza di identità della squadra.

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