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ESCLUSIVA CH – Di Gennaro: “Via tutti! E se si vuole davvero ripartire…”

di gennaro

L’attuale opinionista radiofonico ha parlato di passato, presente e futuro dell’Hellas, ma anche di rapporti tra Società e grandi del passato

Sette stagioni, quasi 200 presenze in campionato condite da 18 goal e, soprattutto, uno scudetto: questi i numeri in gialloblù di Antonio Di Gennaro, indimenticato centrocampista dello scudetto che si è prestato a fare quattro chiacchiere con noi. Molti gli argomenti toccati, tra cui i motivi della disfatta dell’annata appena trascorsa e le mosse per il futuro del Verona.

Questa, quindi, l’intervista completa del “Dige”, in esclusiva per CalcioHellas.

La stagione dell’Hellas è stata un fallimento totale: era preventivabile una débâcle simile?
«Col senno di poi è sempre facile parlare, ma c’erano dei messaggi piuttosto chiari che potevano far prevedere con anticipo quanto sarebbe successo. Partiamo ad esempio dall’addio di Toni: il Verona si è privato di un personaggio importantissimo, di grande carisma e molto avvezzo alle dinamiche di spogliatoio. Una figura come la sua avrebbe potuto fare da collante tra Società, squadra e tifosi, senza contare quanto potrebbe essere stato utile ai giocatori più giovani. Altro segnale preoccupante è stato quello della panchina di Pazzini: ora non so quale fosse la situazione tra lui e l’allenatore, ma non schierare uno come “il Pazzo” per far spazio a Bessa o a Fares come “falsi nueve” vuol dire andarsele a cercare. Se poi già dalle prime giornate le cose iniziano ad andare male, è difficile risollevarsi. Alla fine penso che già a metà campionato ci si fosse rassegnati, come dimostra anche il mercato di riparazione totalmente inadeguato: difficile salvarsi con Aarons, Petkovic e Matos…».

Cos’è mancato in sostanza al Verona?
«Io credo che sia mancata innanzitutto la qualità, in particolar modo nel reparto avanzato, che quest’anno non è riuscito a sopperire alle lacune difensive della squadra come aveva invece fatto nelle stagioni precedenti. Si è inoltre peccato in personalità, esperienza e determinazione: nonostante alcune buone partite come la vittoria casalinga col Milan o quella di Firenze, il Verona si è infatti rivelato fragile psicologicamente, e questa mancanza di grinta è stata una dei motivi principali alla base del gelo creatosi tra tifoseria e squadra, che è la conseguenza più grave di tutte. I tifosi che hanno abbandonato la Curva Sud durante il match con il Crotone sono il simbolo di quanto questa frattura sia profonda: il pubblico è sempre stata un’arma in più per l’Hellas, basti pensare ai 13 mila abbonati fatti registrare in Serie C, quindi questo problema è da risolvere al più presto».

Cosa crede succederà ora?
«Tutto dipenderà dalla Società, perché è lì che si definiscono gli obiettivi ed è da lì che provengono i progetti. Difficile recuperare qualcosa di buono dalla stagione appena finita: Setti dovrà perciò ripartire da zero, dovendo ridare un assetto alla squadra e avendo l’assoluta necessità di riconquistare la piazza. Serve che ci sia simbiosi tra tutte le componenti del Verona, a partire da chi si occupa di management fino ad arrivare ai giocatori. Ciò che va messo in pratica è un progetto a lungo termine: lavorare pensando solo alla stagione successiva è deleterio, porta solamente a vivacchiare e a continuare a salire e scendere di categoria. L’ideale a questo punto sarebbe un piano di 3-5 anni che permetta di costruire basi solide».

Secondo lei da chi deve ripartire il Verona? Possibile che alcuni dei “big” decidano di rimanere?
«Io non confermerei nessuno, in quanto tutti hanno dimostrato di non poter dare abbastanza a questa maglia. L’unico che forse “risparmierei” è Danzi, che qualcosa di buono l’ha fatto vedere. Anche Lee è un buon giocatore, ma nulla di più, non è certo l’elemento che ti fa fare il salto di qualità. Ciò che serve al Verona è almeno un “pezzo grosso” per reparto, a partire dal portiere fino ad arrivare all’attaccante centrale, il quale però deve essere una punta vera».

È ancora in contatto con qualcuno in società?
«No, non sento più nessuno, ma questo sembra essere un tratto caratteristico del calcio degli ultimi vent’anni, non solo per quanto riguarda l’Hellas. Pensiamo ad esempio a Maldini o a Del Piero, che non si capisce come non possano essere in orbita Milan e Juve. A Verona sono stati pochi i grandi del passato a lavorare in Società: al momento mi viene in mente solo Pierino Fanna che fece da vice a Prandelli (1998-2000, ndr). Questo secondo me è molto negativo, perché gli ex hanno vissuto la squadra, lo spogliatoio e la piazza, e sono quindi fondamentali per la rinascita del calcio italiano. Guardiamo ad esempio l’Atalanta: il presidente Percassi è stato per anni una bandiera dei bergamaschi, e questo ha portato senso di appartenenza e passione, che è l’elemento fondamentale. Se infatti non c’è la passione, i tifosi si allontanano, e senza questi ultimi il calcio muore: ciò forse non è più molto chiaro al giorno d’oggi».

Ha sentito dell’ingresso di Bagnoli nella Hall of Fame del Calcio Italiano?
«Sì, e credo sia l’unica cosa positiva per l’annata del Verona (ride, ndr). Non siamo riusciti a sentirci, però credo che sia il giusto riconoscimento per un personaggio unico non solo per la città, ma anche per tutto il calcio italiano. È sempre stato una persona pulita e genuina, e mi ha formato e aiutato non solo a livello calcistico: con lui c’è sempre stato un bellissimo rapporto sportivo ma soprattutto umano, che è quello che alla fine rimane quando si smette di giocare».

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