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Pazzini: “A casa ho ancora il pallone di Wembley. Mancini? Il suo lavoro si vede”

L’ex capitano gialloblù ha parlato di Nazionale ai microfoni de La Gazzetta dello Sport

Sono Wembley e la Nazionale di Mancini gli argomenti trattati da Giampaolo Pazzini durante l’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport e comparsa sull’edizione odierna del quotidiano.

Di seguito, dunque, le principali dichiarazioni dell’ex tecnico gialloblù.

WEMBLEY. «Della partita contro l’Inghilterra a Wembley ricordo l’attesa di giocare e il fortissimo profumo dell’erba. Lo stadio in piedi ad applaudirmi? Non mi è più successo e non me l’ero neanche goduta davvero: ero troppo giovane… Conservo però ancora il pallone di quella partita nella mia casa a Forte dei Marmi, è in una teca assieme alle scarpe. Me li aveva chiesti il museo di Wembley ma risposi di no per gelosia delle mie cose. Forse oggi direi sì».

L’ITALIA. «La Nazionale odierna impiega un po’ di tempo per prendersi il campo: le serve osservare, studiare l’avversaria e capire dove farle male e quando. E quasi sempre sceglie il momento giusto! È bello giocare in questa Italia per la filosofia offensiva della squadra, ha un’idea di gioco precisa e sicurezza nel metterla in pratica. È un lavoro che parte da lontano, fatto con un gruppo che Mancini si è scelto convocazione dopo convocazione».

I SINGOLI. «Chiellini è un animale, ha ancora una cattiveria e una forza mentale che fanno la differenza e che sono contagiose. È l’anima di questa squadra. Un attaccante che mi somiglia? Non c’è: io ero più “da area”, mentre oggi le vere punte centrali non ci sono quasi più. Sono tutti attaccanti di costruzione e movimento che attaccano la profondità».

IL CT. «Mancini ha sempre cercato l’obiettivo massimo, vuole quel calcio, vuole vincere e certe cose la squadra le sente. Le trenta partite di imbattibilità non sono un caso: anche dopo le vittorie ha sempre alzato l’asticella e parlato di migliorare. Tutti si sentono titolari? Tutto merito del mister, e non è un modo di dire».

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