Il padre del giovane difensore gialloblù ha parlato a Il Mattino di Padova in seguito al debutto in Serie A del figlio
Il percorso che porta Matteo Lovato al debutto in Serie A comincia nel Canossa, una piccola società della provincia patavina: da lì arrivano poi il Padova, il Genoa, di nuovo i biancoscudati e infine l’Hellas.
Alle spalle, una famiglia che magari non mastica troppo calcio, ma che ha sempre creduto nel figlio, come dimostra l’intervista rilasciata da Stefano Lovato, padre del giovane difensore gialloblù, a Il Mattino di Padova.
Di seguito, dunque, le sue principali dichiarazioni.
UN PADRE CALCIOFILO? TUTT’ALTRO. «Non so molto di calcio e non ho mai guardato le partite, eccezion fatta per quelle di mio figlio. Capisco a malapena i calci d’angolo. Una volta Matteo ha anche provato a spiegarmi il fuorigioco, ma l’ho fermato subito dicendogli che mi fido dell’arbitro…».
GLI INIZI. «La passione per il calcio è nata da sola: a cinque anni Matteo giocava nel Canossa, vicino a casa, poi venne notato da Giorgio Molon, che lo portò al Padova. A quindici anni fu chiamato dal Genoa: per noi fu dura vederlo uscire di casa così presto, ma è sempre stato un ragazzo tranquillo e maturo, quindi non abbiamo avuto alcun dubbio».
IL PRIMO TIFOSO. «Ho sempre seguito Matteo dappertutto: nei weekend mi facevo anche mille chilometri per vedere le sue partite e stare un po’ con lui. Ho consumato tre macchine, ma è una cosa che rifarei sempre, a prescindere dalla piega che può aver preso la sua carriera. Sabato ha realizzato il suo primo sogno, speriamo abbia molte altre soddisfazioni.».
TRA PASSATO E FUTURO. «Matteo era dispiaciuto quando ha lasciato Padova, ma al tempo stesso sa che certi treni passano una volta sola. Ora, però, mi sa che dovrò abbonarmi a Sky…».
E ci vogliono sltri giovani bravi da padova