L’ex centrocampista gialloblù, durante una diretta Instagram, ha svelato qualche aneddoto interessante sui suoi anni in riva all’Adige
Dalla vittoria del campionato al Verona di Juric, passando per la fuga dalla festa-scudetto e dallo studio dentistico: è un Domenico Volpati a tutto tondo quello che si è raccontato ai microfoni di Hellas Channel durante una delle ormai consuete dirette Instagram.
Senza perdere tempo, andiamo quindi a vedere le sue principali dichiarazioni.
12/05/1985. «Il 12 maggio è una data impossibile da dimenticare: quel giorno ha segnato la nostra storia, ma anche quella dell’Hellas e della città di Verona. La vigilia? Non me la ricordo bene, ho molto più impressi nella mente i festeggiamenti post-partita e le telefonate che mi parlavano di cavalcavia dell’autostrada completamente imbandierati dei gialloblù. Ecco, forse non aver vissuto il ritorno a casa con i nostri tifosi è un po’ il mio rimpianto… Io poi non riuscii nemmeno a godermi la festa in Bra: il giorno dopo dovevo sposarmi a Cavalese, quindi partii subito».
PROGRAMMAZIONE. «Quello sicuramente non è stato uno scudetto casuale: la squadra aveva iniziato a formarsi nella stagione 82/83, quando con un po’ più di coscienza dei nostri mezzi e di costanza nel finale di campionato avremmo già potuto vincere il campionato. Probabilmente abbiamo pagato anche la rosa stretta e i pochi cambi. Brava la dirigenza che, pur trovandosi costretta di anno in anno a vendere molti giocatori di qualità, riuscì a mantenere lo zoccolo duro della squadra che poi riuscì ad accogliere i nuovi, mettendoli a proprio agio e trasmettendo loro il senso di appartenenza. Elkjaer e Briegel, i due tasselli che negli anni precedenti erano mancati alla nostra squadra, possono senz’altro testimoniare di aver trovato uno spogliatoio maturo. Alla fine credo che nessuno possa dire nulla su quel trionfo: eravamo una squadra fantastica e siamo rimasti primi per tutto il campionato…».
“CENERENTOLO” ELKJAER. «Ricordo che quando Elkajer segnò senza carpa alla Juve non ci accorgemmo subito di quanto era successo: ce lo fece notare lui, perché il suo tiro fu talmente naturale che alcuni non se ne erano nemmeno resi conto. Alcuni addirittura lo vennero a sapere negli spogliatoi… Magari non sarà stato un gol bellissimo, però è rimasto nella storia».
L’AVVENTURA GIALLOBLÙ. «Bagnoli mi diede grande fiducia, ma mi disse anche che avrei dovuto ricambiargliela: nei miei anni a Verona, spero di esserci riuscito. Il mio addio? Me ne andai a 37 anni, fu una cosa naturale: non ho niente su cui recriminare».
IL MANTOVA, GLI STUDI E CAVALESE. «Dopo essere andato via dal Verona andai al Mantova: forse fu un errore, ma accontentai il presidente Pasquali, che era di Verona e mi voleva a tutti i costi. Da quella stagione ricevetti chiari segnali sulla fine della mia carriera da calciatore e iniziai a concentrarmi sugli studi universitari, com’era nei desideri di mia madre. Dopo essermi laureato mi trasferii a Cavalese, dove aprii il mio studio dentistico».
GLI “SCUDETTATI” OGGI. «Ancora oggi noi “scudettati” ci ritroviamo per fare delle cene, ed è sempre una grande festa. Quel campionato ci ha lasciato un senso di appartenenza e un’amicizia che ci porteremo dietro per tutta la vita. E poi ci è rimasto il legame con la città: quando veniamo lì sappiamo di trovare gente che ci vuole bene. Siamo “figli” di Verona».
L’HELLAS DI JURIC. «Spero che il Verona possa regalare ancora tante gioie ai propri tifosi, e devo dire che sono ottimista: questo, tra tutti quelli che sono arrivati dopo lo scudetto, è il Verona che più si avvicina di più al nostro».
