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Pippo Russo: “Ora è facile dire che bisognava fermarsi prima, ma sarebbe servita maggiore univocità”

Il noto sociologo, giornalista e scrittore analizza per noi presente e futuro del mondo del pallone stravolto dal Covid-19

Pippo Russo, sociologo e giornalista, è un noto autore di saggi e libri sullo sport e sull’economia legata al mondo del calcio, certamente una voce da ascoltare nell’acceso dibattito riguardante la ripresa del campionato.

Ecco dunque perché i colleghi di CalcioFere hanno deciso di raggiungerlo e di scmabiare con lui quattro chiacchiere: di seguito, dunque, i principali passi dell’intervista.

Il calcio si è fermato all’ultima stazione dell’emergenza Coronavirus, dopo un rimpallo di decisioni su partire da giocare a porte aperte, poi chiuse. Il pallone si doveva fermare prima?
«Direi che adesso sarebbe facile sostenere che il calcio dovesse fermarsi prima: ora abbiamo la misura esatta di cosa stava per scatenarsi, ma in quel periodo c’era anche una forte impressione che si stesse esagerando la portata dell’emergenza. Di sicuro, però, nell’ultima fase c’è stato qualche tentennamento di troppo. Si è oscillato fra blocco e porte chiuse, ma con le partite giocate al Sud che parevano zona franca. Sarebbe servita maggiore univocità in quella fase».

Come ne uscirà il mondo del calcio da questa esperienza?
«Ne uscirà certamente cambiato per diversi motivi. Terrà per sempre dentro lo shock di questo tempo, che segnerà la linea di demarcazione fra un prima e un dopo. L’elemento dell’aggregazione, o “assembramento”, verrà messo in mora, e il pubblico stesso rinuncerà a ripopolare subito gli stadi. Anche dopo il ritorno alla normalità il calcio continuerà a fare i conti per un po’ con la questione del distanziamento sociale…».

Campionato e Champions, cosa succederà? La TV avrà ancora un ruolo predominante?
«Le manifestazioni sportive di questa annata sono un enorme punto interrogativo: in linea di principio bisognerebbe concluderle, ma se si continua a spostare in avanti i termini allora bisognerà prendere in considerazione altre soluzioni. In questo quadro anche il ruolo della televisione è in dubbio. Con la prospettiva di ripartire a porte chiuse essa ne trarrebbe vantaggi immediati, ma fino a quando? Lo spettacolo della partita è dato anche dalla cornice di pubblico. Vedere troppo calcio a spalti vuoti potrebbe avere addirittura un effetto deleterio. Sembrerebbe la definitiva celebrazione di un funerale del rapporto fra il calcio e la sua gente».

All’inizio dell’emergenza Mazzola aveva lanciato la proposta ai calciatori di devolvere un 5% per aiutare la sanità nell’emergenza, adesso sono le società che chiedono ai calciatori di tagliare gli stipendi. Il sistema calcio è a rischio di saltare? O è già saltato?
«Non si può generalizzare la misura del taglio degli stipendi. Si continua a confondere i guadagni dei calciatori di Serie A coi guadagni dei calciatori tout court. Dalla Lega Pro in giù i calciatori percepiscono salari normali, non c’è granché da tagliare. Quanto all’equilibrio del sistema, era già a rischio prima della crisi da Coronavirus, e adesso il calcio rischia seriamente di perdere la base. Anche il vertice della piramide, comunque, rischia di subire gravi danni…».

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