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Ripartire o no? Il calcio italiano nella bufera: è scontro totale

Punto della situazione de La Gazzetta dello Sport sulla situazione del calcio italiano: ieri sera le dichiarazioni del Professor Rezza hanno scatenato la reazione di Gravina

Ripartire sì, però in sicurezza. Sulla questione ci sono pareri diversi anche fra gli scienziati. Nella quotidiana conferenza della Protezione Civile, Giovanni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, boccia il piano immaginato dalla Federcalcio con i suoi esperti per la ripresa dell’attività: «Il calcio è uno sport di contatto quindi comporta dei rischi di trasmissione. Sento parlare di controlli da effettuare enne volte sui giocatori con test quasi quotidiani, a me sinceramente sembra un’ipotesi un po’ tirata… Se dovessi dare un parere tecnico non sarei favorevole. La mia è un’opinione personale, ma credo che il Comitato tecnico-scientifico condivida questa posizione. Poi deciderà la politica».

È la scintilla che produce uno scontro trasversale. Dalla Federcalcio filtra infatti un quadro diverso: la posizione di Rezza non sarebbe sposata da diversi membri del Comitato tecnico-scientifico, primo interlocutore del governo Conte. Alcuni degli esperti, peraltro, hanno integrato la commissione medica Figc che sta lavorando sui protocolli per la ripresa. Fra questi Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Oms, che su La7 a «Otto e mezzo» si esprime in modo più possibilista: «Se i giocatori vengono sottoposti a test continui sulle suscettibilità alla malattia e vengono tenuti i distanziamenti necessari, che è difficile, è un’ipotesi. Si sta cercando di valutare il rischio e quali siano gli strumenti per eliminarlo». Il tutto si trasferisce anche nella polemica fra club. Perché la Lazio va all’attacco del «romanista» (lo scienziato aprendo la sua risposta fa riferimento con una battuta alla sua fede calcistica) Rezza con Arturo Diaconale («gli scienziati non facciano i tifosi, si occupino dei vaccini»), portavoce di Lotito, mentre Aurelio De Laurentiis assicura di lavorare «per una ripresa sicura e veloce». Urbano Cairo dà invece ragione alla posizione dello scienziato.

La Figc, però, va avanti sotto lo slogan «Tenersi pronti in caso di luce verde», l’espressione usata più volte dal presidente federale Gabriele Gravina. L’orizzonte è quello noto: lo stop agli allenamenti ha come scadenza il 3 maggio, ma nessuno può escludere una proroga. Le conclusioni della commissione medica Figc, che si riunirà domani, varranno solo per la fase della ripresa, soltanto dopo si affronterà il problema dell’attività agonistica. Insomma, il tentativo di salvare la stagione non è agganciato alla partenza il 31 maggio o il 7 giugno. I tempi potrebbero essere più lunghi, una situazione di cui il presidente federale è cosciente visto che qualche tempo fa Gravina aveva parlato addirittura di settembre-ottobre per la fine del campionato.

Domani la commissione Figc proverà a disegnare il percorso. Che parte dalla parola sanificazione. Sanificazione delle strutture in cui i club si allenano. L’ultimo decreto del Presidente del consiglio prevede che «previa comunicazione alle prefetture», questa operazione sia consentita. Anche se si è in attesa del chiarimento definitivo, questa norma consente di effettuare la prima operazione, propedeutica a tutto il resto. La seconda fase è sicuramente lo screening. I calciatori si sottoporranno a una sorta di «nuova idoneità». Saranno effettuati test molecolari, sierologici, esami del sangue. Ma il protocollo sarà diverso per i positivi e guariti visto che c’è da valutare l’effetto dell’infezione, soprattutto sull’apparato respiratorio e cardiovascolare.

Un punto critico riguarda i tamponi. Dopo settimane drammatiche per quanto riguarda la possibilità di effettuare l’esame per la popolazione, e soprattutto per il personale sanitario, si spera di poter arrivare molto presto a una normalizzazione. Cioè alla possibilità che l’esame sia a disposizione di tutti. «Ma ci sono ancora criticità – dice Giuseppe Palaia, medico del Lecce –. Io faccio un discorso da medico prima ancora che da medico sportivo. E ricordo che anche tre medici sociali sono risultati positivi al coronavirus. Comunque i tamponi non li compri in farmacia, li danno le unità di crisi. E i calciatori naturalmente sono cittadini come tutti gli altri». Palaia ritiene il progetto di ripartire a maggio «precipitoso».

Il punto centrale del protocollo sarà il ritiro in un «luogo chiuso» delle squadre. Intendendo per squadre tutto il personale: tecnici, medici, fisioterapisti, magazzinieri. In pratica, le squadre come le famiglie che oggi sono dentro casa. Nessun contatto all’esterno. Tutto questo almeno nella prima fase, cioè quella della ripresa degli allenamenti. Il problema nasce dal fatto che non tutti i club, almeno la metà della serie A e tutti quelli della B, non hanno foresteria nei centri sportivi dove si allenano. Per non parlare della Serie C tanto che Francesco Ghirelli, presidente di Lega Pro, nota che «per fine maggio inizio giugno noi non saremmo pronti. C’è un problema di struttura medica per fare i controlli e di costi. E il calcio deve mantenere il legame con la sua gente, in questo momento c’è il rischio di spezzarlo».

In una prima fase, è del tutto probabile che non si utilizzino gli spogliatoi o gli spazi comuni al chiuso. Che ognuno si faccia la doccia e si cambi per conto suo. Fra l’altro, su questo argomento, la Federazione medico-sportiva non ha ancora diffuso le sue linee guida come invece è accaduto per gli esami e le analisi da fare. Per questo, la riunione in programma domani affronterà soltanto l’inizio della tabella di marcia. Cioè le modalità per riprendere gli allenamenti, la prima fase, quella in cui si potrà rispettare la cosiddetta «distanza interpersonale». Forse è ancora troppo presto per lanciare lo sguardo più in là.

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4 anni fa

MA DB UN CALCIATORE PRIMA DI INIZIARE A GIOCARE DOVRÀ FARE DEGLI ALLENAMENTI O NO ?? MINIMO 1 MESE O NO ?

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