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Silvestri: “Voci di mercato? C’è solo il Verona. E ho un sogno: giocare in Nazionale”

Lunghissima “intervista 2.0” per il portierone gialloblù, il quale questa volta si è raccontato durante una live con Nicolò Schira

Protagonista di una lunga diretta Instagram insieme al noto giornalista Nicolò Schira, Marco Silvestri ha avuto modo di ripercorrere le tappe più significative della sua carriera, dalla prima esperienza a Modena al presente all’Hellas, con il sogno Nazionale sempre sullo sfondo.

Queste le sue dichiarazioni, riportate da Tuttomercatoweb:

Avevi un idolo da bambino?
“Sono cresciuto milanista, anche se adesso la fede l’ho persa. Ma il mio idolo era Dida. Era devastante, freddo come il ghiaccio. Poi, essendo italiano, Buffon. Lui ha fatto la storia del calcio italiano, è stato un punto di riferimento per tutti i portieri italiani negli ultimi venti anni”.

Da giovane fai tutta la trafila nelle giovanili del Modena, fino alla prima squadra.
“È stato difficile, un percorso lungo e complicato. Soprattutto per la mia famiglia, per i chilometri che separano il mio paese da Modena. Ho sempre fatto tutto con grande serietà: poteva succedere qualsiasi cosa, ma mi hanno insegnato a non avere mai rimpianti. Ho sempre fatto quello che potevo fare, poi sono arrivate anche le soddisfazioni, ma non è stato facile”.

Dopo il Modena c’è il Chievo. La prima vera tappa tra i professionisti, però, è alla Reggiana.
“È stato un anno fondamentale. Reggio Emilia è una piazza tosta: ci sono tre giornali e un paio di televisioni che parlano della Reggiana. All’epoca non avevano molto chiara la situazione in cui fossero, si aspettavano sempre giocatori di livello superiore. Non facemmo benissimo, ma per me fu un anno importante. Venivo da un’esperienza in Primavera al Chievo, ero stato convocato anche in Under 20. L’impatto fu importante, per la prima volta giocavo per il risultato, e quando non facevamo risultato pesava tutto. Feci qualche errore, ma penso di aver disputato un buon campionato, specie se si considera che era la prima tra i professionisti”.

Pensi alla Nazionale?
“Certo. So di dover dimostrare ancora tanto, so anche di aver già fatto vedere qualcosa. Sono molto sereno, magari un domani arriverà anche questo sogno. Quando uno inizia a giocare a calcio pensa subito alla Nazionale, oltre al club”.

Quest’anno molti clean sheet.
“La porta inviolata è sempre un segnale di grande solidità, non solo per il portiere, ma per tutta la squadra. Quest’anno la pezza ce l’ha messa molte volte un centrocampista o addirittura un attaccante. Mantenere la porta inviolata per un portiere e per i difensori è sempre l’obiettivo della partita”.

La tua parata più bella?
“La più spettacolare penso sia stata quella su Lui Alberto, a Roma. Mi sono allungato bene su un ottimo tiro. A me è piaciuta molto quella sulla punizione di Berardi: c’è stato un boato del Bentegodi sulla parata, tutti mi hanno detto che sembrava già gol. Un’altra bella parata è quella su Mancosu a Lecce: anche in quel caso i miei compagni in panchina mi hanno detto che la palla sembrava destinata ad entrare”.

Un’altra tappa importante è Padova, in Serie B.
“Avevamo una squadra molto forte: avevamo Farias, Babacar, Bonazzoli, Vantaggiato, Rispoli. Feci tre o quattro presenze nel girone d’andata, due da subentrato. Giocai la prima da titolare contro il Verona, e anche quella dopo. Poi giocai il derby con il Vicenza. Da gennaio ho cominciato a giocarle tutte. È stato bello prendersi il posto, io faccio molta fatica a fare il secondo. Lì però era stato bello, perché ero riuscito a far cambiare idea all’allenatore. Quando si dice che il lavoro paga è vero. Andò bene, fu una stagione importante anche quella”.

Torni al Chievo, ma nemmeno in quel caso ti viene data un’opportunità.
“Piacevo all’allenatore, soprattutto al preparatore dei portieri. Quell’anno però c’era Puggioni, che fece bene. Non c’era mai stato bisogno di cambiare. Poi a gennaio lui fu fatto fuori ingiustamente, io andai al Cagliari per Agazzi. Mi sono sempre allenato bene, ma non ho mai avuto l’occasione di esordire in Serie A”.

A Cagliari esordisci in Serie A, sei il migliore in campo contro il Parma. Un esordio da favola.
“Andai a Cagliari perché arrivò questa chiamata, sapevo che avrei fatto il secondo anche là, ma quando arrivò Corini al Chievo mi sentivo poco considerato. Ebbi la fortuna di trovare un grande preparatore, che mi ha insegnato molto. A Cagliari fui accolto molto bene, poi esordii contro una squadra molto forte. Non fu facile salvarsi: giocammo con il Parma, il Napoli, poi la Juve allo Juventus Stadium. Quell’anno il Parma era una squadra di altissimo livello, non acciuffarono l’Europa League per pochissimi punti. È sicuramente una delle partite più belle che io ricordi. Ricordo la parata sulla punizione di Cassano, simile a quella su Berardi. Dopo mi accorsi di essermi rotto il guanto, fui obbligato a cambiarlo”.

Hai un ricordo particolare di Davide Astori?
“Non appena arrivai mi mise subito a mio agio. Era un ragazzo eccezionale, aveva qualcosa in più. Aveva uno spessore e una bontà che raramente ho visto”.

Qual è l’attaccante più tosto che ti sei trovato di fronte in questi anni?
“Quello che mette più apprensione, per quanto mi riguarda, è Ronaldo. Allo Stadium, anche se non fece grandi cose, ad un certo punto tirò da lontano, senza inquadrare la porta, ma mi resi conto di come calciasse. Non avevo la minima idea di dove la palla potesse andare. Fu una sensazione strana: il pallone si spostò diverse volte, alzai semplicemente la mano, sperando che la palla andasse fuori”.

Nel 2014 ti trasferisci al Leeds. Com’è nata questa scelta?
“Fu una proposta che mi affascinò subito. Fui il primo italiano ad accettare di andare là. Il campionato inglese mi ha sempre affascinato. Anche quella è stata una tappa importante della mia vita, mi sono messo in gioco, lontano da casa. Il primo anno fu meraviglioso, vinsi molti premi individuali. Anche il secondo anno andò bene. Ebbi qualche incomprensione con il presidente il terzo anno, e mi ritrovai in panchina senza alcun motivo. L’allenatore mi aveva dato garanzie, poi dovetti abbandonare il ritiro a causa del presidente. Il Leeds prese Green, un portiere di grande esperienza e un ragazzo serio. La squadra viaggiava alla grande, e io mi ritrovai secondo per tutto l’anno. Feci zero presenze in campionato e sei in coppa”.

Ricordi la notte di coppa contro il Norwich?
“Al di là dei rigori feci una grande partita. Poi passò in primo piano il fatto che avessi parato tre rigori. Ma fu una bella rivincita: dopo due anni da numero uno indiscusso mi sono ritrovato secondo, con la dodici sulle spalle. Nella storia del calcio è successo poche volte che un calciatore non potesse scegliersi il numero. Tornando alla partita, fu molto bello: parai un rigore centrale, uno alla mia sinistra. Dopo quella vittoria andammo a giocare contro il Liverpool, in un Anfield tutto esaurito, con dodici mila tifosi nostri”.

Nel 2017 c’era solo il Verona o avevi altro offerte?
“C’erano altre due squadre, ma non si è concretizzato nulla. L’Hellas era più convinto e accettai subito. Venni qua per mettermi in gioco, fare il secondo non è semplice per me, ma sapevo di dover accettare quel ruolo per arrivare in Serie A. Quell’anno andò male, ma accettai volentieri l’offerta dell’Hellas”.

All’esordio parasti un rigore a Pellissier.
“Al Chievo resto sempre molto legato, ha fatto molto per me. Quando giochi contro le tue ex squadre devi sempre far vedere che ci hanno perso qualcosa. In quella partita dissi a Pellissier nel tunnel che se fossimo andati ai rigori non avrebbe dovuto calciarlo. È stato bello parare il rigore che ci ha fatto passare il turno. Per un portiere è sempre bello parare un rigore, in quelle situazioni non hai molto da perdere”.

In B sei stato invece grande protagonista. Che ricordo hai di quella promozione? In settimana studi i rigoristi avversari?
“Anche se in realtà quest’anno non ne ho parati (ride, ndr). Il nuovo regolamento del piede sulla linea mi ha un po’ scombussolato, ci penso e mi toglie qualche energia. I rigoristi li studio sempre, di solito con la mia compagna, chiedo qualche consiglio anche a lei. Bado molto al minuto dell’incontro, al risultato: un rigore calciato a inizio partita è diverso da un rigore calciato a metà partita. C’è un lavoro importante dietro. La scorsa stagione è stata fantastica, io non avevo mai vinto nulla a livello di club. Vincere i play-off è stata un’emozione unica, mi viene ancora la pelle d’oca, e per uno come me è strano. Con il Cittadella fu una partita strana, nonostante il due a zero dell’andata ci sentivamo come se non potessimo mai perderla”.

Tra i portieri che hai visto da vicino quest’anno c’è qualcuno che ti ha impressionato particolarmente?
“A me piace molto Musso, è un ottimo portiere, diventerà un grande se continuerà così. Poi ovviamente c’è Szczesny, fa sempre il suo e sbaglia difficilmente. Non è facile, perché i portieri che subiscono pochi tiri non è scontato che siano sempre attenti. È una caratteristica che devi avere per giocare in quelle squadre. Lui in questo è eccezionale, come lo è stato Buffon e come lo è Handanovic”.

Ti sei sentito sottovalutato negli anni scorsi?
“Non ho avuto la fortuna di essere buttato dentro nelle stagioni passate, soprattutto al Chievo. Ma meglio tardi che mai, mi hanno sempre detto che la cosa difficile non è arrivare, ma rimanerci. E io voglio rimanerci”.

Giochi al fantacalcio? Se sì, ti sei acquistato?
“Non ho mai giocato al fantacalcio. Non so perché, forse perché è un gioco che richiede parecchio tempo, e non riuscirei a starci dietro. In molti mi scrivono, chiedendomi di non prendere gol o ringraziandomi”.

Che rapporto hai con i tuoi tifosi?
“Ogni tanto mi prendo un po’ di tempo e rispondo ai tifosi che mi scrivono, nei limiti del possibile. In molti mi ringraziano per aver risposto, anche se è una cosa molto semplice. Non sono molto social in realtà, può accadere che non apra Instagram per parecchio tempo”.

Le chance per l’Europeo aumentano, alla luce dello slittamento?
“Certo, ho più tempo per mostrare ancora di più cosa posso fare. Va a mio favore, non essendo nel giro ho più tempo per entrarci”.

Fa piacere sentirsi accostati a squadre importanti?
“Fa molto piacere. Tutti i giocatori, anche se non ci danno molto peso, leggono tutto. Sicuramente fa piacere, ma questo non cambia nulla a livello personale, so di dover continuare così, senza distrazioni. Anche dovessero uscire voci più insistenti non cambierà nulla, per ora c’è solo il Verona”.

Il sogno nel cassetto?
“Giocare in Nazionale è il sogno più grande che ho”.

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2 Commenti
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4 anni fa

Quest’anno sicuramente tra i i primi 3-5 portieri italiani..se penso che Pecchia ti teneva in panchina..?

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4 anni fa

EL NOSTRO PORTIERON…..NUMERO UNO

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