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Romulo: “Con il Verona avevo un debito di riconoscenza, ma poi Setti…”

Romulo

L’ex jolly gialloblù, in diretta Instagram con Nicolò Schira, non ha risparmiato qualche frecciatina al presidente dell’Hellas

Pomeriggio decisamente pieno quello di ieri per Romulo, il quale subito dopo la diretta Instagram con ConsigliFantacalcio è stato ospite, con lo stesso format, anche di Nicolò Schira.

In quasi un’ora e mezza di live il “tuttocampista” attualmente in forza al Brescia ha ovviamente ricordato anche l’esperienza con l’Hellas, toccando argomenti di cui aveva già parlato poco prima ma non solo: andiamo quindi a leggere le sue principali dichiarazioni, alcune delle quali sono autentiche “frecciatine” a Maurizio Setti.

I PRIMI CALCI E GLI INIZI. «Ho cominciato a giocare a calcio a 3 anni, quando mio padre mi regalò un pallone. A 6 anni ho poi frequentato prima scuola calcio, mentre a 13 mi sono trasferito in una città a 200 chilometri da casa mia per inseguire il mio sogno. Da lì ho cambiato tante squadre, tra cui la Chapecoense e il Cruzeiro, e alla fine Corvino mi ha portato in Italia alla Fiorentina. È statao in viola che ho imparato a conoscere il calcio italiano, ed è grazie a Mihajlovic se ora sono un centrocampista».

IL VERONA, CAPITOLO 1. «Nell’estate in cui avrei dovuto iniziare il mio terzo anno alla Fiorentina, Montella aveva chiesto moltissimi giocatori: capii che per me non ci sarebbe stato molto spazio, e io volevo dare continuità ai due anni precedenti in cui avevo giocato molto. A quel punto arrivò Sogliano e mi fece un’offerta importante, e io accettai subito perché Verona mi era sempre piaciuta come città, tant’è che ci ho anche comprato casa. Fu una scelta facile, e sono contentissimo di averla fatta: lì mi sono trovato benissimo, avevamo una squadra molto forte e abbiamo disputato una stagione fantastica».

MANDORLINI. «Mister Mandorlini mi ha dato veramente tanto e, al netto di squalifiche e infortuni, mi ha fatto giocare tutte le partite. Mi lasciava molto libero, ma mi ha anche dato preziosissimi consigli. Devo ringraziarlo, è stata una persona davvero importante per la mia carriera».

LA NAZIONALE E L’INFORTUNIO. «Grazie al Verona entrai anche nel giro della Nazionale: quando Prandelli mi disse che avrebbe voluto convocarmi per alcuni stage a Coverciano, ne fui onorato. Purtroppo, però, in quel periodo iniziai a soffrire di una fastidiosissima pubalgia: ogni volta che provavo a scattare, provavo un forte dolore. Piansi quando, a pochi giorni dalle convocazioni per il Mondiale 2014, chiamai il CT per dirgli che non mi sentivo in grado di giocare… Credo che non aver disputato quel Mondiale sia il più grande rimpianto della mia carriera»

LA PARENTESI JUVENTINA. «Conte mi voleva alla Juve già a gennaio, ma Sogliano mi trattenne fino a fine stagione. Io volevo essere allenato da Conte, quindi ci accordammo per l’estate, ma quando arrivai lui se n’era andato e alla Juve c’era Allegri. Devo dire che mi sono trovato comunque benissimo, ma purtroppo giocai poco a causa della pubalgia».

IL VERONA, CAPITOLO 2. «Quando tornai a Verona (stagione 2015/2016, ndr) ero ancora infortunato: quando guarii completamente, la squadra era già in Serie B. In quel momento avevo un’importante offerta dall’Olympique Marsiglia, ma decisi di rimanere all’Hellas perché avevo un debito di riconoscenza. Volevo che il Verona tornasse in Serie A, e siamo riusciti a ottenere la promozione. In quella stagione ho anche segnato il gol nel derby contro il Vicenza (Verona-Vicenza 3-2, ndr), la rete più importante della mia carriera. Nell’estate successiva, però, il presidente investì davvero poco, allestendo una squadra di ragazzini che non avevano mai giocato in Serie A, e il risultato fu la retrocessione. Al termine di quella stagione scadeva anche il mio contratto, ma nessuno dell’Hellas mi chiamò per farmi un’offerta…».

GLI EX GIALLOBLÙ. «Iturbe calcisticamente parlando è uno dei giocatori più forti con cui abbia giocato: aveva un’indescrivibile potenza della gamba sinistra, era velocissimo e imprendibile nell’uno-contro-uno. Peccato gli sia mancata un po’ la testa, avrebbe potuto fare una grandissima carriera. Kean ha un po’ sofferto all’arrivo a Verona, e la giovane età non l’ha aiutato, ma credo che abbia tutti i mezzi per fare bene. Per quanto riguarda Jorginho, si vedeva già all’epoca che sarebbe diventato un grandissimo giocatore: era già molto maturo, aveva una visione e uno stile che si vedono in pochi calciatori e poi sapeva prevedere con ampio anticipo il gioco. Cassano? Mi rimarrà sempre un dubbio: credo che abbia deciso di ritirarsi una volta vista la squadra costruita dal Verona per quell’annata di Serie A…».

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Odorizzi
Odorizzi
4 anni fa

La frecciatina a Setti? Credo sia la “squadrassa” fatta a quell’incapace di Pecchia, l’anno della retrocessione.

Commento da Facebook
Commento da Facebook
4 anni fa

Quale sarebbe la frecciatina a setti che nn lo capita ?‍♂️

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