Stagione difficile per l’ex Perugia, però ha preso in mano il Verona nel momento più importante della stagione: ancora due gare per il sogno A
Ogni talento ha bisogno di un mentore. Samuel Di Carmine l’ha trovato in Alfredo Aglietti, e ora è l’uomo del destino per l’Hellas. Con quattro gol in quattro partite, ha spinto il Verona verso la finale per la Serie A, scrive Il Corriere di Verona in edicola stamani. L’ultimo, domenica, a Pescara, con quel rigore, pesante come un macigno, messo dentro, a timbrare il passaggio all’ultimo atto. Il primo, sempre un penalty , aveva scacciato gli spettri. Con il Foggia, con la qualificazione ai playoff in bilico, aveva piazzato in porta un altro pallone di piombo, siglando la rete del sorpasso, di un 2-1 dal sapore liberatorio. In quel momento, qualcosa è girato nell’Hellas e in Di Carmine, che già aveva aperto la rimonta con un mancino poderoso: «Per lui deve essere un nuovo inizio», disse, allora, Aglio, che già l’aveva guidato all’Entella.
E l’invito del tecnico si è tradotto in fatti, in numeri. Non si è più visto il Di Carmine tormentato che, fino alla doppietta col Foggia, aveva totalizzato solamente 6 reti. Lui, che ne aveva fatti 35 in due stagioni con il Perugia. Il Verona ha investito 2.5 milioni di euro per il suo cartellino, Di Carmine ha firmato un triennale. Il dualismo creato attorno alla sua coabitazione con Giampaolo Pazzini, un temperamento per cui, in assenza del supporto della piazza, lo porta a perdere la piena sicurezza ed essere incline alla sfiducia: questi i guai che hanno limitato Di Carmine, insieme a una lista di intoppi fisici che ne hanno condizionato la forma. Aglietti l’ha preso da parte, gli ha parlato, gli ha tolto certe pressioni mentali che l’avevano limitato. Ora è un altro Di Carmine, quello vero.
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