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ESCLUSIVA CH – Penzo: “Adesso servono uomini veri, non figurine. Società e squadra, ecco come ripartirei”

Penzo

L’ex bomber gialloblù ha detto la sua su stagione, rapporto con i tifosi e scelte per il rilancio in esclusiva ai nostri microfoni.

Uomini veri e vicinanza alla città. Questa è la ricetta per il riscatto del Verona emersa dall’intervista esclusiva rilasciataci da Domenico Penzo, per gli amici Nico. L’ex attaccante, ormai scaligero di adozione, ha infatti ribadito più volte come l’Hellas abbia bisogno di ricucire lo strappo creatosi quest’anno con la tifoseria, e di come per farlo debba riuscire a recuperare la credibilità e la fiducia della piazza attraverso la presenza di uomini che amino la città e i colori gialloblù.

Sabato scorso è terminata per il Verona una stagione deludente. Cosa è mancato per salvarsi?
«Credo che la squadra abbia pagato molto il fatto di non essere riuscita a calarsi in quella che è la Serie A, con tutte le sue difficoltà e i suoi ostacoli. È mancata una certa continuità di risultati, come dimostra ad esempio la grade vittoria per 3 a 0 col Milan seguita, solamente la settimana dopo, dalla batosta di Udine, subita peraltro senza praticamente mai scendere in campo. In certe gare è inoltre mancata proprio la dignità di vestire la maglia gialloblù, come nella partita persa a Benevento. Alla fine, però, credo che sia una retrocessione meritata: gli episodi possono condannarti in un torneo di poche partite o a eliminazione diretta, ma se dopo 38 turni sei penultimo, vuol dire che meriti di essere lì».

Ci si sarebbe potuto credere di più, anche da parte della società? Il mercato di riparazione ha dato l’idea che ci si fosse già arresi a gennaio…
«Le due principali cessioni nel mercato invernale sono sicuramente state pesanti, ma tutto sommato comprensibili. Pazzini era evidente che non rientrasse nel piano tattico dell’allenatore a inizio stagione, quindi viene da chiedersi perché non sia stato venduto prima per poter così trovare un eventuale sostituto. Per quanto riguarda Bessa, credo che avesse espresso il desiderio di andarsene soprattutto a causa della scarsa affinità con Pecchia, il quale l’ha più volte schierato in ruoli non suoi e nei quali non ha potuto rendere al meglio».

Al momento ci sono molte ipotesi riguardo al DS e all’allenatore: secondo lei quali potrebbero essere i profili ideali?
«Sono stati fatti molti nomi riguardo al direttore sportivo e al tecnico, molti dei quali sono personaggi dal grande carisma e dagli ottimi risultati come Pippo Inzaghi. Credo che per ripartire serva innanzitutto una scelta oculata e un progetto, anche a lungo termine: non risalire subito potrebbe non essere una tragedia se ciò facesse parte di un piano calcolato e che non porti al ripetersi di alcuni errori fatti negli anni precedenti; serve, quindi, trovare qualcuno che creda a fondo nel suddetto progetto, uomini veri che non scappino alla prima difficoltà».

Difficile parlare di mercato senza un DS e un allenatore, ma con i moltissimi giocatori in prestito destinati a ritornare alla casa madre, da chi si ripartirà?
«Innanzitutto credo che il ritorno alla casa madre dei vari prestiti non possa fare altro che bene al Verona: più di uno mi ha infatti dato l’impressione di non interessarsi molto alle sorti gialloblù, in quanto consapevole di tornare alla squadra proprietaria del proprio cartellino una volta finita la stagione. Quello che questi giocatori non capiscono è che ritornare “a casa” con una retrocessione e un’annata sottotono sul curriculum li danneggi e basta sul piano professionale. Parlando dei calciatori da cui ripartire, checché se ne dica in giro, a me Nicolas non dispiace: se l’Hellas ha incassato 78 goal in campionato non è sicuramente solo colpa del portiere, e lui, così come Silvestri, in quel ruolo garantisce grande affidabilità. Un altro che mi piacerebbe rimanesse è Ferrari, ma essendo del Bologna bisognerà discuterne con la società felsinea. Caracciolo poi, é secondo me la colonna difensiva da cui ripartire, un giocatore ormai esperto che potrebbe essere di riferimento ai giovani come Danzi e Lee. La cosa fondamentale è però avere persone motivate, entusiaste e fiere di vestire questi colori: se qualcuno vuole accettare altre offerte, magari proveniente dalla Serie A, è inutile trattenerlo contro la sua volontà. Serve gente orgogliosa di giocare per il Verona, non figurine che baciano la maglia e dopo tre mesi cambiano squadra. Bisogna avere in squadra uomini, non solo giocatori: il Verona negli anni ’80 ha vissuto un decennio d’oro perché aveva uomini che poi si sono rivelati anche bravi o ottimi calciatori, e non il contrario».

Mai come quest’anno si è percepito uno “strappo” con i tifosi: cosa può fare la Società per rimediare?
«Io credo che al momento la migliore occasione per la Società sia la scelta di direttore sportivo e allenatore: i tifosi non vogliono grandi nomi, ma uomini veri, capaci di fare il loro lavoro, legati a questa città e che facciano sentire la gente rispettata e parte del progetto Verona. Dire “Venite allo stadio” o “Portate pazienza” non può che peggiorare le cose. Serve trasparenza in quello che si fa e onestà intellettuale nella comunicazione: se una società dichiara e poi fallisce un obiettivo, deve essere in grado di spiegare il perché. Se si è investito nel modo corretto e si è fatto tutto il possibile, non bisogna aver paura di affrontare i tifosi, perché si avrà la coscienza a posto. La piazza quest’anno non ha giudicato le sconfitte, ma come queste sono arrivate: non c’è quindi da aver paura nel metterci la faccia nel caso di un fallimento, ovviamente se questo è arrivato pur avendo dato il meglio. Credo, inoltre che giocatori e Società dovrebbero riavvicinarsi “fisicamente” alla città, vivendola di più: non dico di costringere i giocatori ad andare fuori a cena con i propri sostenitori, ma ad esempio l’allenamento all’Antistadio potrebbe essere un bel modo di ritrovare il contatto con la piazza. Noi ci allenavamo lì, e anche in periodi bui non è mai successo niente: quando c’era da sostenere si sosteneva e quando c’era da criticare si criticava, ma io non ho ricordi di atti intimidatori o di violenza. L’unica cosa che mi sento di dire ai tifosi è che non credo che un presidente vada contro i suoi interessi, quindi penso che il pensiero della Società sia quello di rinforzare la squadra non solo per tornare in A, ma anche per rimanerci».

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