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15 aprile 1978, la strage di Murazze che coinvolse anche il Verona. I ricordi di Spinozzi e Vignola

Domani ricorre il quarantennale della strage ferroviaria di Murazze di Vadeo. Arcadio Spinozzi e Beniamino Vignola ricordano per noi quei momenti.

Il Verona il 15 aprile del 1978, quarant’anni fa, era alla vigilia di una partita di campionato all’Olimpico. Era l’ultimo Verona di Valcareggi, Zigoni, Luppi e Maddè. La società decise di farci viaggiare in treno per non correre rischi inutili e per evitare ritardi, visto il maltempo di quei giorni e le problematiche legate ai ritardi. I cieli erano certo meno frequentati di oggi. Il presidente Garonzi non scelse un treno qualsiasi, ma “La Freccia della Laguna”, antesiniana dell’attuale Freccia Rossa.

Mentre noi partivamo da Verona, l’Espresso 572 bis, partiva il giorno prima da Bari, direzione Trieste, era stato costretto ad abbandonare la linea adriatica per il crollo di un ponte” ricorda Arcadio Spinozzi, “il treno venne dirottato su Roma, il Bari-Trieste avrebbe dovuto, dopo lo scalo a Firenze, passare gli Appennini e giungere a Bologna. L’arrivo nel capoluogo emiliano era previsto con oltre venti ore di ritardo. La Freccia della Laguna, malgrado il temporale, viaggiava puntuale. Dopo la sosta a Bologna, riprese la sua corsa verso Firenze. Eravamo in Primavera, ma sembrava l’inverno più buio. Mancava pochissimo alle 14,00. All’improvviso un botto. La prima sensazione fu di un ostacolo, di una frenata brusca. Klaus Bachlechner (stopper di quel Verona n.d.r) mi rovinò addosso. Presi dei colpi terribili, ovunque, ma ero talmente frastornato da non provare nessun dolore”. Oltre a Spinozzi c’era anche il giovane Beniamino Vignola, che poi sarebbe diventato il vice-Platini alla Juve. “Ero talmente giovane da non accorgermi di nulla – ricorda – mi attaccai per istinto a qualcosa, non ricordo se ad un poltrona o qualcos’altro. Il vagone si sollevò e poi cadde riversandosi su un fianco. Scivolando verso il basso. Eravamo tutti schiacciati a terra. In alto i finestrini con il cielo. L’acqua, tanta acqua che entrava ugualmente. Sembrava la fine del mondo…”.

Cos’era successo? Il Verona si era ritrovato suo malgrado coinvolto nella strage ferroviaria di Murazze di Vadeo. Poco prima di questa stazione, a causa dello smottamento di una collina, il locomotore dell’Espresso 572 bis, Bari-Trieste, proveniente da sud, era deragliato finendo di traverso sui binari delle direttrice Nord- Sud. In pochi istanti la tragedia: uscito dalla galleria, bucando la fitta pioggia a centodieci chilometri orari, il rapido “La Freccia della Laguna”, con quattrocento persone a bordo, aveva incontrato sulla sua traiettoria l’altro treno riverso sui binari. L’urto inevitabile, drammatico, devastante. I resti disintegrati delle motrici e le prime carrozze retrostanti scivolano lungo la scarpata. L’Espresso Bari-Trieste resta invece sui binari, fermo, solo la locomotiva viene dilaniata dall’urto. I passeggeri sotto shock, ma incredibilmente salvi. Muoiono i quattro macchinisti. I loro corpi sono orrendamente straziati. La vera tragedia si consuma sulla “Freccia della Laguna”. Prosegue il racconto Arcadio Spinozzi che allora aveva ventiquattro anni: “Pensai ad un deragliamento dovuto alla pioggia, ad un attentato, pensai ai mie genitori. Avevo al camicia tutta strappata, c’era freddo e pioveva. Eravamo intrappolati nella carrozza”. Conferma tutto a distanza di 35 anni Vignola: “Il vagone era rovesciato. Qualche mio compagno trovò un buco fra le lamiere. Fu la nostra salvezza”. Il vagone era in bilico nella scarpata, un’altra oscillazione e sarebbe crollato definitivamente. Per fortuna si stabilizzò. E i giocatori uscirono. Fuori lo storico accompagnatore Nello Nuvolari. Il viso pieno di sangue, era stato sbalzato fuori dal treno nell’impatto. Fortunatamente si ruppe in più parti soltanto un braccio. Valcareggi si fratturò due costole. Attorno a corpi dilaniati anche di donne e bambini. Vignola ricorda come: “Valcareggi straparlava. Era sorretto da due automobilisti, perché dalla vicina A1, avevano visto tutto e si erano precipitati ad aiutarci. Ricordo – prosegue Mino – il braccio di uno dei macchinisti che usciva dalle lamiere, aveva la fede al dito. Un’immagine che non scorderò mai”. Proprio Vignola che sette anni dopo fu costretto a viverne un’altra di tragedie: quella dell’Heysel in Juve-Liverpool. La strage è consumata, bisogna aiutare i feriti. Ennio Fiaschi, ala del Verona, era in preda ad una crisi, urlava che c’erano ancora dei compagni da salvare, ma la verità era un’altra. La chiamata del ristorante ha salvato la vita al Verona. Se la squadra invece di retrocedere di 5 carrozze, poco dopo le ore 13 per consumare il pranzo, fosse rimasta nella prima (dove viaggiava per raggiungere Roma) avrebbe fatto una brutta fine.

Domani – conclude Spinozzisarò con un amico nella stazione di Vado per deporre una corona di fiori. Mi raggiungerà anche una delegazione di dirigenti del Verona che ringrazio fin da ora per la sensibilità, visto che poi torneranno a Bologna per la partita. E’ importante ricordare quei 50 morti innocenti e ringraziare anche la sorte che ha salvato il Verona e altre 300 anime“.

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Silvana
Silvana
4 anni fa

Arcadio non finirò mai di stimarti amarti rispettarti per quell’uomo meraviglioso che sei?

franz
franz
6 anni fa

molto onore ai veronesi per aver ricordato l’ anniversario di qiella tragedia che li ha coinvolti solo parzialmente

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