Il capitano gialloblù si è raccontato durante una lunga chiacchierata con il cestista della Mitchell Poletti
Qualche risata ma anche momenti più seri: quella tra capitan Giampaolo Pazzini e il cestista Mitchel Poletti (giocatore della Scaligera Basket) è stata una live ricca di argomenti interessanti, che ha divertito, fatto rivivere qualche splendido ricordo ma anche riflettere.
Di seguito, dunque, le principali dichiarazioni dell’attaccante gialloblù.
LA QUARANTENA. «Siamo in casa dal 9 marzo, ma le giornate tra una cosa e l’altra passano velocemente. Io cerco per quanto possibile di tenermi in forma con i programma che ci invia il nostro preparatore atletico, e poi mi godo la famiglia, una cosa che nei periodi “normali” non sempre riesco a fare».
SENZA TIFO NON È CALCIO. «Ogni giorno leggo i giornali per sapere qualcosa sul prosieguo della stagione, ma tutte le volte leggo cose diverse e che poco hanno a che fare con lo sport. Il calcio è fatto di stadi pieni e partite “vere”, giocare senza pubblico è osceno. Tra l’altro in questo momento faccio pure fatica a pensare allo sport: ci sono troppi contagiati e morti per farlo, e io steso conosco persone che hanno perso qualcuno…».
VERONA. «Io in questo momento mi trovo a Verona, e devo dire che ho visto una città diligente, conscia dell’emergenza e solidale. Certo non è una cosa che scopro oggi…».
LA JUVENTUS. «Ricordo bene la partita contro la Juventus, perdevamo 1-0, poi abbiamo pareggiato e mi sono ritrovato due o tre minuti con il pallone in mano in attesa del VAR: era un pallone pesantissimo, anche perché quando segni dal dischetto hai “fatto il tuo”, mentre se sbagli è brutto. Segnare in partite così, sotto la propria curva e in uno stadio pieno, è uno dei motivi che spinge a chiunque a giocare, ed è una sensazione che non si affievolisce mai, nemmeno con il passare del tempo! Il mio ingresso in campo? Entrare abbastanza bene in partita è sempre stata una mia caratteristica, anche se ovviamente non sempre mi riesce, però il mio rapporto con i tifosi dell’Hellas è speciale e quindi loro mi aiutano tanto».
CAPITAN PAZZINI. «Essere capitano di una squadra così importante e rappresentare una piazza come Verona per me è motivo d’orgoglio. Avverto tanta responsabilità, anche perché sono qui da tanto tempo, ma anche tanta felicità, e tutti i giorni cerco di trasmettere e di far capire ai miei compagni cosa sia Verona e cosa questo pubblico voglia vedere da noi».
L’ESULTANZA. «La mia esultanza nasce a Firenze: lì c’era Toni che faceva il gesto dell’orecchio a tutte le ore, come a dire “Mi senti? Mi senti?”, quindi io iniziai a fare questo gesto per dire “Mi vedi? Mi vedi?”. Poi è piaciuto e quindi ho continuato».
LA PROMOZIONE. «Durante la scorsa stagione la scintilla non si era mai accesa fino alla sconfitta nel ritorno di campionato contro il Cittadella: quella brutta figura (i granata vinsero 3-0 alla “prima” di Aglietti, ndr) ci si accese qualcosa dentro, e da lì fu un’escalation di emozioni. Subito dopo l’incredibile K.O. all’andata della finale play-off, una partita che avremmo ampiamente meritato di vincere, sapevamo già che l’avremmo ribaltata. E poi, in uno stadio come il Bentegodi di quella sera e dopo una rifinitura a cui avevano assistito così tanti tifosi, era impossibile che non ce la facessimo!».
SERIE A E SERIE B. «Nonostante la Serie A non sia più quella di dieci o quindici anni fa, in cui la qualità era nettamente superiore, mantiene ancora una grande differenza con la Serie B: in B puoi permetterti qualche passo falso, mentre in A ci sono attaccanti che in un’azione ti fanno due gol!».
JURIC. «Con il mister facciamo un allenamento al giorno, ma è più che sufficiente: è un allenatore che pretende davvero molto!».
LA PALLA A SPICCHI. «Il basket mi è sempre piaciuto e l’ho sempre guardato sin da piccolo. Anche ora, quando posso, cerco di seguirlo, è uno sport che mi piace veramente: ai cestisti invidio il fatto di avere moltissime “palle pesanti” a disposizione, mentre nel calcio è più raro. Anche Veloso ama la pallacanestro, segue spesso l’NBA».
“Senza pubblico non è calcio” è una frase molto romantica. Traduzione: abbiamo paura di giocare. Giustamente!