
Fu quella maledetta trasferta in terra lombarda a segnare l’inizio della crisi che portò infine allo scioglimento dello storico gruppo ultras gialloblù
21 dicembre 1986, tredicesima giornata del campionato di Serie A, al Rigamonti va in scena Brescia–Verona: la partita terminerà 1-1, a segno Elkjaer per l’Hellas e Branco per le Rondinelle, ma non è questo a interessarci. Ciò su cui vogliamo focalizzarci accadde infatti prima fuori dallo stadio e poi negli uffici della Questura.
Ma andiamo con ordine: mancava circa una settimana all’incontro quando a Brescia e dintorni iniziarono a comparire volantini (ovviamente distribuiti dagli ultras della Leonessa) che invitavano a “spaccare le ossa ai veronesi“.
Il “messaggio”, se così si può chiamare, venne per forza di cose intercettato e accolto come una “sfida” dalle Brigate Gialloblù, con centinaia di tifosi scaligeri che la domenica successiva giunsero con ampio anticipo alla stazione della città lombarda, evitando quindi il “comitato di benvenuto” di tifosi e polizia di casa. Con nessuno ad “accoglierli”, la furia dei circa trecento tifosi del Verona (a cui poi si unirono tutti quelli arrivati nelle ore successive, per un totale di cinquemila persone) si scatenò contro qualsiasi cosa capitasse loro a tiro: la stazione fu messa a soqquadro, le cabine telefoniche vennero portate in giro per le strade della città, i cassonetti dati alle fiamme, mentre le vetrine e le macchine presenti lungo la strada furono devastate da mazze, martelli e sassi.
Le conseguenze non si fecero attendere: il giorno successivo la vicenda era su tutti i giornali locali e nazionali, con l’allora sindaco Gabriele Sboarina (cugino del padre dell’attuale primo cittadino, Federico) che dichiarò guerra ai tifosi dopo essere stato coinvolto in prima persona negli scontri di Brescia (la sua automobile era stata infatti una delle “vittime” del folle pomeriggio).
Furono inoltre organizzati summit e incontri, e fu proprio durante uno di questi che Nando Chiampan, ormai esasperato dai continui episodi violenti che vedevano coinvolte le Brigate, affermò apertamente che sarebbe stato disposto a chiudere la curva e addirittura a ritirare la squadra dal campionato nel caso si fossero ripetuti altri eventi simili.
Nonostante le misure messe in atto, i tifosi gialloblù si resero protagonisti di ulteriori incidenti, mentre nel frattempo la Polizia iniziò una serie di indagini che portò alla fine a un mandato d’arresto per 12 ultras del Verona, accusati di associazione a delinquere.
La vicenda non passò certo inosservata nell’ambiente scaligero, e così, durante il Verona–Roma in programma la settimana successiva agli arresti, la curva espresse tutto il proprio dissenso con uno striscione che passerà alla storia: davanti a un settore lasciato volutamente vuoto campeggiava infatti la scritta “NON 12 MA 5000 COLPEVOLI“, un messaggio che lasciava intendere tutta la rabbia per quella che, secondo i tifosi, altro non era che un’ingiustizia.
Questa vicenda, a cui ne seguirono molte altre, costituì l’inizio della fine per le Brigate, che dopo un lungo periodo di crisi (decretato dal sempre maggior “accanimento” nei loro confronti da parte di Forze dell’Ordine e opinione pubblica) decisero infine di sciogliersi definitivamente il 14 novembre 1991.

Sturman
Settembre 30, 2023 a 19:33
Brigate é nel DNA di chi ne fa parte.
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Ezio
Novembre 7, 2018 a 20:55
Non ci fu nessuna crisi delle brigate anzi la storia continuò fino al 91 anno dello scioglimento