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Pellegrini: “Verona città splendida e abitata da persone squisite: naturale trasferirmi qui”

L’attuale tecnico dell’Under 16, durante una diretta Instagram, ha spiegato cosa lo abbia spinto a vivere in terra scaligera

Nonostante le origini varesine, Davide Pellegrini è ormai un veronese d’adozione: arrivato nel lontano ’89, l’ex centrocampista ha infatti giocato per cinque anni con l’Hellas, decidendo poi nel 2000 di dedicarsi (pur con qualche “pausa”) alla crescita dei ragazzi del settore giovanile gialloblù e arrivando anche ad allenare la prima squadra nella tribolata annata della salvezza di Busto Arsizio.

Ospite delle ormai consuete dirette di Hellas Channel, il tecnico dell’Under 16 ha quindi raccontato la sua “vita scaligera”: di seguito, dunque, le sue principali dichiarazioni.

VERONA. «Sono andato via da Varese quando ero giovanissimo, e lì oltre ai miei genitori non mi è rimasto molto. A fine carriera mi è quindi sembrato naturale trasferirmi a Verona, una città in cui mi ero trovato davvero bene: questa è una città splendida e abitata da gente squisita. Ormai, salvo qualche parentesi in giro per l’Italia, ho vissuto qui per quasi trent’anni».

L’ALLENATORE. «Una volta terminata la carriera da calciatore non sapevo cosa avrei fatto, così qualche amico mi ha consigliato di provare ad allenare. All’inizio non ero particolarmente entusiasta dell’idea, ma poi mi è piaciuto, ho visto che i ragazzi seguivano ciò che dicevano loro e ho iniziato a divertirmi. Sono abbastanza fiero del mio percorso, qualcosa di decente sono riuscito a farlo. Franco Bergamaschi? Sono contento di averlo come vice, così come sono contento di tutti i miei collaboratori».

L’UNDER 16. «Sono abbastanza soddisfatto di quanto fatto durante questa stagione dai ragazzi dell’Under 16, durante la quale ho visto cose buone e altre meno. È un gruppo di qualità, con buone prospettive per il futuro e che è cresciuto molto, anche se c’è ancora da fare sotto il piano mentale e sulla continuità: era proprio su questo che stavamo lavorando prima che l’epidemia interrompesse tutto. Speriamo comunque di essere riusciti a trasmettere loro qualcosa. Se li sento? A dire il vero a volte non rispondono nemmeno alle videochiamate di gruppo: sarà che non sono tecnologici come me! (ride, ndr)».

IL VERONA 2007/2008. «Quando Arvedi decise di esonerare Colomba, mi chiese se avessi voluto allenare la prima squadra: dopo otto anni di settore giovanile, per me era un’occasione occasione unica, quindi accettai. Ero giovane e avevo bisogno di crescere, però nelle dodici partite in cui sono stato in sella mi sembra di aver tenuto in piedi la baracca nonostante i tanti problemi e le tante difficoltà di quel momento. Sotto Natale venni poi sostituito da Sarri, ma dopo poche partite mi richiamarono e alla fine riuscimmo a salvarci grazie al gol di Zeytulaev. Ancora oggi si parla di alcune miei scelte di formazione, ma ciò che facevo lo facevo per il bene della squadra: se ho escluso qualcuno è perché in quel momento non poteva dare ciò che ci serviva».

I PLAY-OUT. «Trovarsi a lottare per non retrocedere quando hai cominciato un campionato con l’idea di vincerlo non è facile, soprattutto quando ti trovi in una piazza importante come Verona. Una volta arrivati ai play-out cercai di tenere sgombra la testa dei ragazzi, in modo che scendessero in campo il più concentrati possibile. Fortunatamente c’erano anche tanti giocatori esperti e abituati a lottare per la salvezza: loro mi diedero una grande mano».

IN CONTATTO. «Oggi sono rimasto in contatto con qualcuno di quella squadra: oltre ovviamente a Corrent, che incrocio sul campo, ho sentito Minetti, Stamilla, Sibilano e Comazzi. Morante e Da Silva? Non so che fine abbiano fatto…».

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