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Domenghini: “A Verona Valcareggi mi voltò le spalle. Pensava che non fossi più affidabile”

L’attaccante campione d’Europa nel 1968 ha parlato in vista della gara di domani sera al Bentegodi, nelle vesti di doppio ex della partita

Angelo Domenghini, doppio ex di VeronaRoma, si è raccontato in una lunga intervista al Match Program di Roma TV. Queste le sue parole:

ROMA. “Andai a Roma perché mi richiese espressamente Manlio Scopigno, l’allenatore con cui vinsi lo scudetto in Sardegna. Io avevo 32 anni, ma ero ancora integro. Non a caso feci una delle stagioni migliori in assoluto della mia carriera, nonostante non ambissimo a traguardi di primo livello in classifica. Però sbagliai ad accontentarmi della metà dello stipendio, un calciatore non dovrebbe mai scendere a patti e condizioni. E all’epoca parlavamo di altre cifre, con le quali andavi avanti mese per mese. Non proprio come accade oggi. Si guadagnavano 10, 20, 30 milioni di lire l’anno. Io sono stato fortunato a prenderne 30, in alcuni momenti. In ogni caso, avevo dato la mia parola al mister Scopigno e la mantenni”.

MOTIVI DELL’ADDIO.Motivi economici? No, anzi. Io sarei rimasto molto volentieri perché, come ho già detto, in campo feci la mia parte. Anche fuori mi trovavo bene, pur non tenendo una vita chissà quanto pretenziosa. Avevo un appartamento in via dei Monti Parioli, giocavo a pallone e non mi dedicavo ad altro. Non usciva mai? Praticamente mai, io ero un professionista. Io… Altri no? Parlo per me, degli altri non mi interessa. Io la vedo così: o fai il calciatore o fai altro. Fu il signor Liedholm a venire da me e a darmi il benservito, dicendomi che non rientravo più nei suoi piani. Dovevo essere venduto per far spazio al ritorno di De Sisti. Ma Picchio non c’entra nulla: giocava in un ruolo diverso dal mio ed era stato mio grande compagno di squadra in Nazionale, pure nel Mondiale del 1970”.

RICORDI IN GIALLOROSSO. “Il ricordo di una tifoseria incredibile, di una squadra gloriosa nel nome, anche se rischiammo la retrocessione quell’anno. E tanti amici come Cordova, Ginulfi, Orazi, Morini, Prati che ebbe problemi fisici…”.

VERONA.Mentre ero in vacanza mi fu comunicata, attraverso una lettera, la mia cessione al Verona in Serie B. E io, di buon grado, anche se a malincuore fui costretto ad accettare. D’altronde, una volta funzionava così. I giocatori non avevano grande potere decisionale sul mercato. I cartellini appartenevano al club e i club decidevano dove bisognava giocare. A Verona due anni, la promozione in Serie A al primo e un altro anno di sofferenza. Io in questo periodo ebbi i primi problemi fisici, in particolare al tendine. L’epilogo su simile a quello di Roma, mi diedero il benservito e io andai a Foggia. Fu Valcareggi a voltarmi le spalle, pensava che non fossi più affidabile, invece ero sano”.

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