ESC. CH – Laribi: “I veterani dietro la salvezza. Vi racconto un aneddoto sulla promozione…”

L'ex centrocampista gialloblù ha parlato in esclusiva ai nostri microfoni

karim laribi hellas verona

Il Verona si avvicina alla salvezza: con un buon vantaggio da gestire, i gialloblù “vedono” infatti quella che sarebbe la settima stagione consecutiva in Serie A.

Tutto ciò non sarebbe tuttavia stato possibile senza l’Hellas 2018/2019 che, al termine di una stagione travagliata, riuscì grazie anche all’arrivo di Aglietti a ottenere la promozione grazie alla rimonta sul Cittadella nella doppia finale.

Tra i protagonisti del 3-0 del Bentegodi c’era anche Karim Laribi, autore del gol che diede al popolo gialloblù la sostanziale certezza dell’immediato ritorno nel massimo campionato italiano. Raggiunto dalla nostra redazione, l’ex centrocampista gialloblù ci ha dunque parlato di quell’annata, ma non solo.

Di seguito, quindi, la nostra intervista esclusiva a Laribi.

Il Verona vede un’altra salvezza in Serie A, quella Serie A conquistata proprio dal “tuo” Verona. Cosa ti ricordi di quell’annata?
«Quella fu un’annata particolare, fatta di alti e bassi. Partimmo bene, poi calammo verso metà stagione e rischiammo di non accedere nemmeno ai play off. Alla fine però, da grande squadra quale eravamo e grazie anche ai diversi giocatori di esperienza in rosa, riuscimmo ad arrivare agli spareggi e a vincere la finale, peraltro in rimonta».

Per te non fu una stagione semplice, forse anche per una certa difficoltà a collocarti in campo, ma fosti uno dei “rigenerati” dalla “cura Aglietti”…
«Quell’anno giocammo principalmente con il 4-3-3 e mi alternai un po’ tra la posizione di mezzala e quella di esterno, ma sono entrambi ruoli che posso fare. Per quanto riguarda la “cura”, penso di averla trovata da solo già un po’ prima del cambio in panchina: ricordo che durante la partita contro il Livorno (si giocò al Bentegodi e i toscani si imposero per 2-3, ndr), al termine della quale mister Grosso fu esonerato, ero capitano e segnai anche un gol».

Ci racconti la doppia finale con il Cittadella? Anche tu fosti decisivo…
«All’andata disputammo una buona gara: io centrai un palo e Pazzini la traversa, ma non riuscimmo a trovare il gol, mentre loro segnarono due reti di cui una dopo pochi minuti e su calcio da fermo. Al ritorno, però, la nostra partita perfetta fu dall’inizio alla fine. Eravamo consapevoli che potevamo farcela ed eravamo convinti di ribaltarla. C’era fiducia, sapevamo di essere più forti del Cittadella e lo dimostrammo».

C’è un aneddoto curioso che nessuno sa di quell’annata?
«Dopo la finale d’andata contro il Cittadella tutti andarono a casa, io invece mi feci una doccia e andai in un pub in centro che teneva aperto fino a tardi. Ero tutto incappucciato, ma i tifosi del Verona mi riconobbero lo stesso. La partita del Bentegodi era pochi giorno dopo, ma loro, al posto di dirmi di andare a casa, capirono il momento e mi offrirono da bere per tutta la serata. Rimasi con loro fino alle 6 del mattino e non chiusi occhio, ma ero convinto che al ritorno avremmo ribaltato il risultato. Quel posto per me è ancora sacro…».

Oltre a quella promozione, cosa ti ha lasciato Verona?
«Tanti bei ricordi. A Verona per la prima volta ho convissuto con mia moglie, inoltre lì c’era il mitico Francesco Grigolini, a cui voglio un bene dell’anima. Ci sono tante belle cose che mi porto dietro da Verona…».

Passiamo all’attualità: come vedi questo Hellas?
«Ogni anno c’è qualcuno che retrocede in Serie B con ampio anticipo, ma non è mai il Verona! Nonostante a inizio anno tutti lo diano per spacciato, l’Hellas infatti riesce sempre a farcela, e questa ennesima salvezza ne è la dimostrazione. La squadra ha trovato stabilità e questo è merito anche di gente come Lazovic: io purtroppo l’ho vissuto poco perché al tempo ero fuori rosa, ma Darko è un capitano che dà un valore aggiunto e a cui bisognerebbe fare un monumento. I “vecchi” come lui, Dawidowicz, Berardi, Montipò o Faraoni sono bravi a far rendere al meglio i giovani come Coppola o Terracciano, che oggi è al Milan, e questo non è scontato. Anche se qualcuno magari non gioca, l’apporto di figure come queste è fondamentale all’interno di uno spogliatoio».

Parliamo un po’ di te: dov’è oggi Karim Laribi?
«Quest’anno sono rimasto vicino a casa di mia moglie, ad Anzio: a ottobre è nato il nostro secondo figlio e non me la sentivo di allontanarmi. Per il momento gioco in Serie D e mi diverto, in attesa di iniziare ad allenare…».

Una volta appesi gli scarpini al chiodo, il tuo futuro sarà dunque ancora nel calcio?
«Me lo auguro, anche se non è semplice. Un po’ per gli infortuni e un po’ per scelte altrui, ho giocato poco in Serie A, quindi sento che c’è qualcosa che devo riprendermi. Spero di farlo da allenatore»

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